Turismo e vino: i danni del coronavirus

L’aria primaverile di questi giorni che fa percepire un lieve allentamento del blocco dovuto al Coronavirus, in vista delle prossime riaperture a partire dai primi di maggio, ci porta a riflettere su come sarà il nostro prossimo futuro e su cosa accadrà quest’estate. In tempi normali avremmo pensato a dove andare in vacanza, oggi invece il solo pensiero di raggiungere una spiaggia o una qualsiasi località turistica appare come un lontano sogno di libertà. In effetti uno dei settori più colpiti della nostra economia è proprio quello del turismo, e del turismo del enogastronomico, che da decenni si è consolidato nel territorio toscano.

Se da un lato lentamente ci sarà la riapertura delle varie attività nel campo della ricezione e della ristorazione, dall’altro dominerà la paura di spostarsi e viaggiare. Pertanto il flusso dei turisti stranieri sarà molto ridotto quest’anno se non azzerato, con conseguenti perdite inestimabili. Inoltre i costi della riapertura delle attività richiederanno agli esercenti l’applicazione di rigide regole igieniche e di sanificazione, che potrebbero risultare troppo onerose oltreché di difficile applicazione. L’idea prospettata dell’uso dei box in plexiglass per isolare i tavoli ai ristoranti o gli ombrelloni in spiaggia non entusiasmano molto. Ma anche il rispetto delle distanze consentite, sembra essere una soluzione di difficile applicazione; ad esempio un ristorante potrebbe vedersi ridurre i posti di almeno della metà, con gravi perdite sugli introiti a fronte dei costi di gestione da sostenere. Motivo per il quale alcune strutture stanno addirittura valutando la possibilità di non riaprire per la stagione del 2020.

Senza contare poi che la perdita non riguarderà solo il fatturato, ma andrà a colpire anche il personale impiegato. Secondo Donatella Cinelli Colombini (esperta di turismo del vino ed inventrice di Cantine Aperte) nelle sole cantine italiane potrebbero essere circa 30.000 i dipendenti stagionali impiegati nell’enoturismo che rimarrebbero senza lavoro. Da non sottovalutare inoltre il fatto che le cantine perderanno quote altissime di fatturato dalla vendita diretta, nonostante la sempre più ampia diffusione delle piattaforme di commercio elettronico. Basti pensare come evidenzia Donatella Cinelli che i turisti esteri spendono ogni anno 12 miliardi in cibo e vino in Italia (fonte Banca d’Italia) e che almeno 58 milioni di turisti stranieri fino allo scorso anno aveva acquistato una bottiglia di vino.

Stefania Tacconi