Trent’anni di QuaVio, Vanna Galli: “Noi, ponte del terremoto emotivo”

Domani, domenica 10 novembre in occasione della Giornata nazionale delle cure palliative, l’associazione senese QuaVio per l’assistenza oncologica terrà un concerto di beneficenza per pianoforte a quattro mani presso il salone dell’hospice di Siena, nel quale suoneranno Chiarangela Vagaggini e Sandra Panzani. Dal 1990 l’associazione QuaViO si impegna nell’assistenza gratuita a domicilio o presso l’hospice di malati terminali, in tutte le misure utili a lenire le sofferenze, rendendo la qualità della vita migliore possibile. Nel 2018 i 26 componenti dell’equipe tra cui medici, psicologhe, operatori socio-sanitari ed infermieri hanno prestato aiuto e conforto a 157 assistiti durante 1210 interventi per un totale di oltre 2500 ore di volontariato nell’area di Siena e provincia. L’associazione si distingue inoltre per il preziosissimo servizio di trasfusioni a domicilio, attivo da cinque anni e particolarmente raro quanto importante per i malati ematologici che non possono più essere trasportati in ospedale. “Negli ultimi trent’anni l’associazione ha lottato per l’affermazione e la diffusione delle cure palliative ancor prima della promulgazione della legge a favore del 2010, lavorando in stretta collaborazione con la sanità pubblica e le ASL perché la frammentazione sanitaria non è solo un danno al sistema, ma anche al paziente”. Afferma così la presidente della Onlus Vanna Galli sottolineando inoltre di come uno degli obiettivi sia proprio quello di creare un ponte, facendo da intermediari tra i curanti e i malati insieme alle loro famiglie. La comunicazione e l’acquisizione di fiducia con i pazienti permettono di stabilire anche un forte legame umano ed emotivo con i volontari, i quali spesso devono confrontarsi con le profonde emozioni suscitate dall’attività, ed è per questo motivo che viene fornito sostegno psicologico anche agli operatori. “Il terremoto emotivo è una delle parti più difficili da affrontare nel lavoro – spiega la presidente – insieme alle situazioni di complessità familiari che a volte si tramutano in forte ansia e diffidenza nei confronti di questo tipo di cura”. Dunque la Onlus si preoccupa di far conoscere e comprendere meglio alle persone l’importanza di questo percorso di accompagnamento alla valorizzazione degli ultimi giorni del malato ma anche nel momento della scoperta di una diagnosi scoraggiante. “Il nostro desiderio è quello di sfatare il pensiero che etichetta l’Hospice come luogo di morte, del quale avere paura. – racconta la presidente – Questo è un luogo dove i malati trovano la dignità che spetta loro, dove si va a vivere con qualità i giorni brevi dando valore alla vita che rimane”.

Clelia Venturi