Siena: la lontananza, le sensazioni, il legame

Antonio Manganelli, contradaiolo della Lupa, racconta le sensazioni che si provano nel vivere la vittoria lontano da Siena, terra nativa, verso la quale è rimasto l’indissolubile legame.

Sono anni che vivo lontano da Siena. Tuttavia, per certi versi, non me ne sono mai andato. Sono ovviamente molteplici i modi per vivere la lontananza (cosí come la permanenza): c’è chi se ne va e piú meno occasionalmente torna e c’è chi non accetta la lontananza, spesso forzata, e vive al limite del pendolarismo.

E c’è anche chi, come me, resta sí fortemente attaccato allo spirito della cittá ed alla sua contrada, ma è separato da distanze non facilmente colmabili con regolaritá, ed è in ogni caso animato dalla volontà di scoprire e vivere con pienezza le varie cittá che via via lo hanno ospitato, in attesa magari del momento “giusto” per tornare a Casa.
Come si sa, e come tendiamo giustamente a farcene un vanto, un legame profondo tiene vivo il sentimento di appartenenza a Siena e alle contrade, anche se come nel mio caso passi altrove la maggior parte del tuo tempo e vivi lontano mille miglia – che ho scoperto essere sorprendentemente la distanza esatta che separa Siena da Londra. Questo senso di appartenenza per me si alimenta primariamente dei luoghi, dei ricordi e delle emozioni propri di un passato più o meno recente.

Il presente é invece spesso mediato, filtrato e discontinuo, composto da frammenti che cerco di tenere insieme attingendo alla ricchezza di quel passato e incastrandolo con il mio mondo fuori dalle mura. Eppure piú passa il tempo e piú mi rendo conto che l’unico punto di contatto fra questi mondi rimango forse solo io, o meglio i diversi aspetti di me.
Questo patchwork riesce a reggersi e l’equilibrio a mantenersi grazie al lunghissimo cordone ombelicale che mi lega e che riesce a rinnovare l’appartenenza nutrendola con il comune sentire della cui materia son fatte la cittá e le contrade, soprattutto nei giorni in cui il colore della terra diventa passione ed i rintocchi delle campane diventano battiti. Tuttavia, ovviamente, mi manca la quotidianità fatta di piccole sensazioni e vicende che si poggiano le une sulle altre come mattoni.

Peraltro ci sono delle occasioni in cui questo delicato equilibrio sembra veramente vacillare, ovvero quando entrambi i mondi mi chiedono insieme conto di ció che le distinte parti di me non riescono completamente a dare. Ad esempio, quando la quotidianita si tinge di straordinarietá, come sta succedendo a seguito della vittoria della Lupa del Palio di luglio, bellissima e lungamenmte attesa.

Resto in queste circostanze disorientato e diviso fra un sentire profondo dell’anima che affonda le radici nel passato mio e della mia gente, ed un vivere il mio nuovo mondo che probabilmente darà forma al mio futuro. Conciliare passato e futuro nel presente é una sfida grandiosa. E, pensandoci bene, questa sfida non é solo per chi come me vive la lontananza da Siena, ma in modo diverso e forse ancor piú difficile è una sfida anche per chi a Siena vi é rimasto e con loro anche per la cittá stessa.
Per come io la vedo, Siena è sempre stata sottoposta ad una tensione fra passato e futuro, tensione che ha sortito effetti e creato equilibri diversi nel tempo, sfruttando risorse che poche altre cittá hanno avuto a disposizione, risorse finanziarie certamente ma anche culturali ed emotive. Adesso la situazione é nuovamente in divenire e questa tensione, l’incertezza e la grandiosa sfida ad esse associata riemergeranno.
Lascia che il tempo cieco scorra nel suo corso silenzioso. Alle orecchie e agli occhi e’ qui dato di conoscere le ore.” Cosí scrivevano i senesi sulla loro torre, sotto l’orologio. Ho sempre trovato questo monito fonte di ispirazione, interpretandolo, in maniera probabilmente del tutto personale ed introspettiva, come un invito a non opporsi vanamente al tempo ed agli effetti del suo silenzioso quanto inesorabile scorrere, ma al contrario agevolandolo e cercando di sfruttare la forza del suo corso.

Ed in Piazza, nel cuore della cittá, continua il monito, dobbiamo riconoscere le ore passate, ovvero chi siamo e da dove veniamo, per sottrarre al futuro parte della sua incertezza, definendo con la nostra forza ed il nostro amore le ore ed il tempo che verranno.
Pensando in questi termini, i vari mondi, cosí come il passato ed il futuro, non sembrano piú cosí diversi ed inconciliabili e le sfide sí grandiose ma possibili, sia per chi ha fatto il giro del mondo, sia per chi é non si é mai mosso dal suo angolo, infinito.

Antonio Manganelli