Siena, il Giubileo del 1300 e il portale del Duomo

Il 22 febbraio 1300, con la bolla “Antiquorum habet fida relatio”, papa Bonifacio VIII indice il primo giubileo della Chiesa Cattolica. L’anno 1300 diventa il primo Anno Santo, anche se in verità la bolla indica come giorno di inizio il Natale del 1299. Nel corso di quell’anno tutti i cittadini romani che fossero entrati nelle basiliche di San Pietro o San Paolo almeno una volta al giorno per 30 giorni, non necessariamente consecutivi, avrebbero ottenuto l’indulgenza plenaria. I pellegrini che vengono da fuori, invece, per riceverla dovranno accedervi per la metà del tempo: 15 giorni.
Ma Siena come c’entra in questa “pillola” di un sabato mattina di febbraio? Nell’ultimo ventennio del XIII secolo l’Opera del Duomo di Siena commissiona a Giovanni Pisano la realizzazione di una nuova facciata della cattedrale dato che, rispetto all’edificio romanico, la navata è stata prolungata di qualche metro verso l’ospedale di Santa Maria della Scala. Questo prolungamento comporta la “demolizione” della vecchia facciata, più arretrata dell’attuale e, forse, preceduta da un portico: nel maggio del 1284, infatti, con una cerimonia solenne, viene posata la prima pietra della nuova. Gli ingressi della nuova, magnifica, facciata esistono già quando Bonifacio indice l’Anno Santo e, infatti, sopra il portale di destra è ancora oggi presente e leggibile un’iscrizione giubilare, la quale viene scolpita direttamente sull’architrave già murato.
Si tratta perciò di un’incisione originale dell’anno 1300, anche se in verità l’epigrafe non contiene alcuna datazione, a differenza di quanto sostenuto da diversi studiosi, come ad esempio Vittorio Lusini, che la citano aggiungendo la data “A.D. MCCC”, che però, sull’architrave non c’è. Disposta su tre linee, l’iscrizione dice: “ANNUS CENTENUS ROME SEMP(ER) E(ST) IUBILENUS / CRIMINA LAXANTUR CUI PENITET ISTA DONA(N)T(UR) / HEC DECLARAVIT BONIFATIUS ET ROBORAVIT”, ossia “Il centesimo anno a Roma è sempre giubilare/I peccati sono rimessi e condonati a chi si pente/Questo dichiarò e confermò Bonifacio”.
Maura Martellucci 
Roberto Cresti