Siena e San Marino. Qualcosa in comune

Due città lontane, molto diverse, inavvicinabili, inconfrontabili. Ciascuna con le sue specificità. Ma per qualche strano percorso, che non è certo facile rintracciare e riconoscere, una assai rilevante struttura artistica, ed architettonica le avvicina. Anzi le caratterizza, le identifica, le rende ciascuna ricca e fiera nel mondo, per significati e valori di interesse e di impegno universali. Un architetto romano costruì ville e palazzi, teatri ed ospedali, nella città dove era Professore all’Accademia di Belle Arti. Ma lavorò per molti anni anche a Siena, costruendo l’Ospedale Psichiatrico di San Niccolò. E a San Marino edificando il Palazzo Pubblico, sede del Governo della Repubblica, nella città inserita dall’Unesco tra i patrimoni dell’umanità. A Siena l’architetto Francesco Azzurri progettò e costruì il Manicomio di San Niccolò, e il Padiglione Conolly, impegnandosi dal 1870 al 1890. Il modello ispiratore di un manicomio “buono” fu così realizzato grazie all’impegno del Direttore Carlo Livi e alla generosa disponibilità della Società di Esecutori di Pie Disposizioni.

Palazzo Governo San Marino

La “Cronaca del Manicomio di Siena” così descriveva ai suoi lettori il “Quartiere Conolly” subito dopo la sua inaugurazione, nel 1875.

Il quartiere nuovo destinato ai clamorosi, del quale i lettori della nostra Cronaca ebbero l’opportunità di ammirare il disegno eseguito dall’egregio architetto Cav. Azzurri, è già abitato da molto tempo e corrisponde benissimo allo scopo. E’ stato battezzato col nome di quartiere Conolly appunto perché la sua costruzione e l’ordinamento dei locali rendono inutile l’applicazione dei mezzi di contenzione, permettendoci in tal modo di attuare largamente il sistema del no-restraint, preconizzato e raccomandata dall’ illustre alienista inglese. Là dentro rimane sempre in vigore la massima della vita in comune, e gli infermi passano la giornata raccolti nella sala di trattenimento, o sul bel piazzale interno inondato d’aria e di luce, corredato all’ intorno di un’ampia tettoia, che nelle cattive stagioni offre la comodità di un passeggio coperto. Nella notte dormono in due piccoli dormentori.
Per quelli poi veramente agitati, è necessario ricorrere all’ isolamento, e vengono separati dagli altri, ma non si chiudono tra le quattro pareti di una stanza poco illuminata, colla finestra alta dal suolo e munita di grossa inferriata a guisa di prigione, cose tutte fatte apposta per irritare gIi infermi e invitarli a reagire. Invece si trovano ad abitare una piccola cella di forma elissoide, colle pareti verniciate, il piantito d’ asfalto, sempre linda e pulita, la quale si apre direttamente in un piccolo piazzale, dove I’ internato può uscire liberamente a prendere aria e luce.
Quando I’ agitazione è al colmo, e l’ infermo, oscurata affatto ogni ragione, trovasi in continuo moto e si slancia, e salta a rischio di percuotere duramente contro i muri, allora lo si rinchiude in una piccola cella con il piantito di legno cerato, lavorato a scacchi, colle pareti materassate, riscaldata da una stufa, munito dei suoi ventilatori, sormontato sull’ alto nella volta da una cupoletta di cristalli blu, da dove piove una luce delicata, blanda, misteriosa, che invita alla calma e alla pace. Nell’ insieme lo diresti una specie di tempietto che richiama la mente a concentrarsi nei miti sentimenti dell’animo, e dove si respira un’aria di dolce malinconia che accarezza e commuove al tempo stesso.
Insomma è un’opera ben riuscita, per merito principalmente dell’egregio dott. Funaioli, che ne ha diretto I’ esecuzione. Per ora sia I’ effetto della luce bleu, che si vuole capace di moderare l’agitazione maniaca, o il resultato di un complesso di influenze che là dentro agiscono collettivamente, noi ne abbiamo riconosciuta molto la utilità. Infermi che urlavano a squarciagola, che battevano alla porta o alla finestra senza tregua, chiusi nella cella materassata divengono dopo qualche ora tranquilli. Non per questo la vanteremo come un espediente sicurissimo, ma non dubitiamo di annoveralo fra uno dei tanti mezzi, che influiscono o riportare la calma e la tranquillità negli animi sconvolti ed esacerbati dalla pazzia.

Manicomio di San Niccolò in Siena. Quartiere per clamorosi

 

Ma vi ha di più, il quartiere Conolly non è un albergo di oziosi, anzi in certe ore del giorno ha tutte le apparenze di un piccolo laboratorio. Nella sala di riunione degli uomini chi sceglie i fili dello sparto, chi ne fa dei mazzetti, o intesse le treccie; ed anche coloro confinati dal male per qualche giorno dentro una cella, si procura portino seco il lavoro della treccia, e che al disordine della pazzia non si unisce I’influsso pernicioso e demoralizzante dell’ozio. Anche nella sezione delle donne, queste si veggono continuamente occupate in lavori semplici, e di poca importanza, ma che pure valgono a fugare la noia e a tener lontano il disordine e le tendenze a lacerare e a guastare gli oggetti.
Il telegrafo a sistema Breguet che mette in comunicazione questo locale coll’ edificio centrale, funziona benissimo e giova immensamente alla puntualità del servizio ponendo in rapporto diretto ispettori e sorveglianti cogli ufficiali sanitari. Un sincero tributo di lode si deve alla solerte amministrazione del Manicomio la quale può andare veramente superba d’avere arrecato sollievo ai più infelici tra gli alienati, procurando che i clamorosi d’ambo i sessi possano essere curati secondo le esigenze della scienza e dell’umanità, con grande vantaggio e conforto della loro salute. Ed ecco un’ altra volta confermato, che i locali bene adatti e disposti seconda i bisogni delle diverse classi dei malati, entrano per la massima parte nella cura morale degli alienati di mente.

Veduta dall’alto del quartiere dei clamorosi

 

Riproponiamo questa fotografia del 1880 per evidenziare come ogni cella aveva la sua PORTA, che dava accesso alla propria AREA all’aperto, dove CIASCUN paziente poteva COLTIVARE il proprio piccolo ORTO

Servizi igienici. Svuotabili

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Solo due SETTORI della costruzione hanno ciascuno il proprio spazio esterno, con l’orto coltivabile. Il settore CENTRALE della struttura, quello rivolto verso Sud, ha SOLTANTO le celle : l’area destinata all’orto non c’è già più. Il sogno della terapia riabilitativa, derivato dall’ ”hortus conclusus” di francescana memoria, si è già dissolto. Il passaggio alla realtà ha sconfitto l’utopia, il desiderio, la parte sana, creativa, rivoluzionaria del progetto terapeutico. “I have a dream”anche ai nostri tempi è rimasto inascoltato, anche nei nostri giorni più recenti. Figuriamoci nell’ottocento.
E così dopo qualche anno il Conolly incompiuto, è diventato il Conolly stravolto. Via “i piccoli orti, via gli spazi comuni, la sala riunioni, via la cella con le pareti verniciate, sempre linda e pulita, via la piccola cella con il piantito di legno cerato, lavorato a scacchi, colle pareti materassate, riscaldata da una stufa, munito dei suoi ventilatori, sormontato sull’ alto nella volta da una cupoletta di cristalli blu, da dove piove una luce delicata, blanda, misteriosa, che invita alla calma e alla pace. Nell’ insieme lo diresti una specie di tempietto …..”
Poi il reparto ricovera solo uomini, viene sopraelevata la parte Centrale, aumentano a più di cento i ricoverati, lo spazio esterno di ciascuna cella viene eliminato, e così via.
Quando viene chiuso l’Ospedale Psichiatrico, il Reparto Conolly è già stato chiuso e abbandonato. Si può vedere soltanto qualcosa che è rimasto, all’esterno di ogni cella, che ci ricorda per sempre quello che era, quello che è stato, per più di cento anni.

 

Costante Vasconetto