Siena di mille cose è piena – La cappella di Vitaleta: non può essere solo una foto

Sì lo so che Vitaleta è una moda. Siamo in Val d’Orcia e come a centinaia si fermano a fotografare i cipressi, a centinaia si recano a fotografare la cappella.

Per questo, lo confesso, mi ci sono avvicinata con molto scetticismo. Una cappella con due cipressi e qualche alberello. Vabbè. Vabbè niente. Arrivi e, nonostante i discussi lavori di un centro di accoglienza accanto che, è vero, un po’ stonano agli occhi interrompendo lo sguardo che si perde nel “lontano”, senti il “tonfo” dell’impatto.

La cappella è recente, è stata costruita nel 1884 ed inaugurata il 14 giugno del 1885, anche se sorge sulle fondamenta di un antico santuario. La prima attestazione è del 1590 ma, danneggiata da un terremoto, venne fatta ricostruire ispirandosi a modelli cinquecenteschi. L’allora proprietario del terreno, Vincenzo Padelletti, incarica il celebre architetto, esponente del purismo senese, Giuseppe Partini (e qui lo scetticismo se n’era già andato tanto amo il suo lavoro) di progettarla e realizzarla. Vitaleta è caratterizzata da una facciata semplice, a timpano, che richiama il gusto di Baldassarre Peruzzi (addio: qui sono definitivamente conquistata) ed è rivestita in pietra proveniente da Rapolano.

Le facciate laterali sono in pietra di Pienza, così come l’abside alla cui sommità è posto un piccolo campanile a vela in mattoni rossi. L’interno (ebbene sì, l’ho anche trovata aperta) è intonacato e decorato a tempera, con partiture architettoniche che scandiscono lo spazio. Due volte gotiche dipinte di azzurro con stelle dorate in rilievo e costoloni decorati a motivi geometrici bianchi e neri completano l’immagine.

In origine vi veniva adorata l’immagine della Vergine della Consolazione fino a quando, vuole la tradizione, nel 1553 venne posta al suo interno la statua della Vergine attribuita ad Andrea della Robbia. Oggi conservata nella chiesa della Madonna di Vitaleta, nel centro di San Quirico d’Orcia (dal 1861, dopo il terremoto che distrusse anche la nostra cappella) e porta con sé una storia che vale la pena di raccontare. Si dice, infatti, che sia stata proprio Maria Santissima ad apparire ad una pastorella (niente commenti né pensieri) perché spingesse i fedeli ad andare a Firenze, in una particolare bottega dove avrebbero trovato quella, proprio quella statua destinata a Vitaleta.

C’è tutto, ho pensato. E queste persone che fanno la fila per scattare la foto “di rito” si saranno accorte che in questa piccola cappella c’è tutto? I materiali provenienti dalle cave del territorio senese, la mano di un’artista che lascia, nelle sue decorazioni, il bianco e nero della balzana senese, l’azzurro che eleva l’anima oltre le stelle, fino al divino, la tradizione, la devozione, il miracolo della fede.
Altro che una chiesetta su una collina con due cipressi paralleli accanto.

E poi l’ultima suggestione: le sculture di Alberto Inglesi. L’angelo che dietro l’abside sembra proteggerla con le sue ali da futuri pericoli e le istallazioni che la riflettono, moltiplicandone l’immagine e proiettandola verso l’infinito della Val d’Orcia.

Maura Martellucci

 

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