Siena di mille cose è piena – David Lazzaretti: la controversa figura del ‘Predicatore dell’Amiata’

Arrivi una mattina fredda e limpida sul monte Labbro (o Labro). Ci arrivi in silenzio, prestissimo, con lo scricchiolio della neve sotto gli scarponi e l’aria pura che ti penetra nei polmoni. Intorno hai tutto: i monti innevati dei Sibillini, il mare sul quale sia alza il sole riflettendo sullo specchio di acqua. Vedi l’Elba, il Giglio, la Corsica. Poi ti volti ed ecco il Pratomagno, il Casentino e non puoi non cercare Siena. Arrivi una mattina fredda e limpida sul monte Labbro e capisci perché David Lazzaretti scelse questo luogo per fondare quella che potrebbe definirsi la prima comunità basata sui valori del Cristo e, senza saperlo, su quelli che saranno alcuni dei principi del socialismo marxista. Del resto Marx scrive il primo volume del Capitale nel 1868 e David Lazzaretti nello stesso anno intraprende la sua esperienza di vita comunitaria.

Ma iniziamo dall’inizio (e scusate il gioco di parole). David Lazzaretti nasce ad Arcidosso il 6 novembre 1834 in una famiglia umile: è figlio di un barrocciaio e per alcuni anni esercita il mestiere del padre per poi arruolarsi come volontario nell’esercito piemontese e combattere a Castelfidardo contro le truppe pontificie. Ma le sue biografie lo tracciano come un uomo e sregolato che apprezza molto il vino e le donne e che non si tirava indietro di fronte ad una rissa. L’anno di svolta è proprio il 1868 quando ha crisi mistiche determinate da intense visioni che ne modificano totalmente il carattere e la personalità. Si vede destinato ad assolvere una missione divina, aderisce con fervore alla Chiesa cattolica, inizia ritiri, digiuni ed altre pratiche ascetiche, si impegna nella costruzione di un santuario ad Arcidosso e di un eremo sul monte Labbro, l’altura più meridionale del gruppo del monte Amiata.

La gente del popolo amiatino, soprattutto, lo segue in massa tanto che anche il clero deve “assecondarlo” dato che, si dice, quando predicava tutte le chiese della montagna restavano vuote. Da questo il nome di “santo David” o, altrimenti, “Cristo dell’Amiata” o “profeta dell’Amiata”.

Nasce di fatto una comunità, soprattutto composta da famiglie di contadini e pastori (il “campo di Cristo” e “la Comunità delle Famiglie Cristiane”) che sotto la sua guida partecipa ad un esperimento del tutto nuovo di vita associativa. Il senso della solidarietà e della fraternità era alla base di questa struttura le cui regole interne contemplavano principi come la distribuzione del prodotto della terra secondo l’apporto lavorativo e il grado di bisogno, idee di avanzata democrazia come l’estensione del diritto di voto alle donne, l’organizzazione di scuole gratuite e obbligatorie, l’esercizio di funzioni giurisdizionali per dirimere le controversie. Lazzaretti in realtà incarna ed evolve tutte le contraddizioni del Risorgimento e dell’800 italiano: pur partendo da una condizione popolare, combatte contro le truppe papali ma inizialmente viene sostenuto nel fondare i suoi istituti religiosi dalle stesse autorità ecclesiastiche, che lo vedono “lo strumento per una resistenza culturale, popolare, al nuovo Stato italiano”; poi prende le difese della Comune di Parigi e allinea il Giurisdavidismo a posizioni simili a quelle di Giovanni Bosco; poi si ricollega al misticismo ultratradizionalista e neomonarchico francese. Alla fine si ritira, eremita, sull’isola di Montecristo, creando intorno a questa figura un alone di mistero (è pazzo? impostore? fanatico? settario? segue la chiesa o è un militante delle nuove idee politiche?

Le opere di Lazzaretti, tuttavia, come suscitarono proseliti e sostenitori portarono anche persecutori timorosi delle sue azioni di riforma sociale e religiosa. È in dissenso ormai sia con la Chiesa che con le autorità civili: in molti scritti contestava le ricchezze e gli sprechi del clero e inneggiava ad una “repubblica” dai connotati religiosi, ma destinata a scardinare (e, quindi, impaurire) gli assetti politici costituiti. Era l’epoca in cui la borghesia italiana era sconcertata e impaurita di fronte ai primi movimenti popolari, legati in Italia alla pratica del brigantaggio e ai primi scioperi operai, patrocinati dai nascenti sindacati, mentre dall’estero arrivavano le eco su movimenti marxisti. Così la Curia papale lo scomunica e le sue opere poste all’indice e il governo e lo imprigiona, ma dato che nel proselitismo di Lazzaretti non c’era né volenza, né dolo, deve liberarlo.

Tutto finisce il 18 agosto 1878 quando Lazzaretti e le famiglie che si erano a lui aggregate scesero in pacifica processione dal monte Labro ad annunciare l’avvento dell’era nuova della giustizia e del diritto ma alle porte di Arcidosso la forza pubblica aprì il fuoco ferendo in fronte il profeta che morì a Bagnore la stessa sera. Aveva 44 anni. La profezia del suo martirio si era avverata. Morto il suo leader, il movimento Giurisdavidico da lui creato sarà perseguitato a lungo anche se nell’Amiata le loro idee continuano ancora a risuonare tra le pietre del monte Labbro.

Ancora oggi alla controversa figura e alla storia di David Lazzeretti si ispirano libri, documentari, testi teatrali e musicali, come quello messo in scena da Simone Cristicchi “Secondo figlio di Dio”.

Maura Martellucci