Siena abbraccia Edriss e Sayeeda. Frati: “Diamo loro la possibilità di inseguire i propri sogni”

Sono arrivati oggi nella nostra città Edriss e Sayeeda, fratello e sorella afghani, da oggi iscritti all’Università di Siena; infatti i due giovani, grazie ad un programma di protezione internazionale, potranno studiare nel nostro ateneo. La loro storia viene da lontano, dopo oltre otto mesi ad aspettare di poter partire verso l’Italia sono arrivati nel nostro Paese solo lo scorso 13 marzo grazie a Gustamundo, associazione e locale multietnico dove già lavorava la sorella Parwana.

I due ragazzi, che ancora non parlano italiano, sono stati accolti da una nutrita rappresentanza formata da Università di Siena, Comune e Gruppo stampa autonomo. I fratelli, hanno anche detto qualche parola con l’aiuto della sorella che faceva da interprete. “In Afghanistan non solo non ci viene consentito studiare ma non possiamo neanche lavorare o uscire di casa senza la supervisione di un uomo” ha spiegato Sayeeda prima di ringraziare per l’opportunità concessagli.

“Quando lo scorso agosto la situazione è precipitata noi ci siamo subito impegnati per dare il nostro contributo”. Sono queste le parole di Francesco Frati, rettore dell’Università degli studi di Siena, che ha dato il benvenuto ai due fratelli. “Ci siamo subito resi disponibili – prosegue – ad ospitare studenti e ricercatori, in modo da consentirgli di perseguire i propri sogni. Abbiamo incontrato l’associazione capitolina e così, grazie anche all’apporto del Gruppo stampa autonomo e del comune di Siena, abbiamo accolto i due ragazzi”. “Da domattina – aggiunge Frati – inizieremo a ricordargli che devono seguire le lezioni e che sono venuti qui per studiare”.

“È stato un progetto iniziato ormai 8 mesi fa – dice Giovanna Romano, presidente del gruppo stampa autonomo – e che ci ha coinvolti da subito. Questi ragazzi erano sprovvisti di passaporto all’epoca; noi provammo a farli salire sui ponti aerei prima che chiudessero l’aeroporto di Kabul senza riuscirci. Per questo motivo, abbiamo dovuto allargare la rete di solidarietà, alla fine siamo riusciti a mandarli in Iran, da dove, dopo 45 giorni, sono riusciti ad ottenere il visto”. “Oggi festeggiamo – conclude – la fine di un lungo lavoro e l’inizio, per loro, di una nuova vita”.

Emanuele Giorgi