“Serve un modello di sviluppo ambientale e socialmente sostenibile”

“Serve un modello di sviluppo ambientale e socialmente sostenibile”, questo l’appello dei sindacati toscani quali Cgil, Cisl e Uil, che hanno rivolto a tutti i candidati alla presidenza della Regione. Un testo importante rivolto alla salvaguardia del nostro territorio, in senso ambientale. I sindacati chiedono di attuare, al più presto, normative che regolamentino le emissioni di anidride carbonica sottolineando come: “La riconversione ecologica dell’economia, debba essere fatta con i lavoratori e non contro di essi”. L’importanza del documento inviato da Cgil, Cisl e Uil, pone al centro del problema, le conseguenze dovute all’inquinamento, la tutela dei lavoratori, come tutto questo sia indispensabile per evitare lo spopolamento delle aree interne.

Di seguito il documento congiunto dei sindacati toscani 

Cgil, Cisl e Uil della Toscana per un modello di sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile
Siamo dentro una crisi climatica che mette a rischio la qualità della vita e la sua stessa riproducibilità.
Occorrono progetti immediati e concreti che riducano le emissioni di anidride carbonica e che salvaguardino le risorse che la Terra mette a disposizione e riproduce.
Ciascuno deve fare la sua parte, cittadini, lavoratori, consumatori, imprese, enti locali e Stati.
Uscire dall’utilizzo delle fonti fossili è la prima priorità: la riconversione ecologica dell’economia va fatta assieme ai lavoratori, non contro di essi. Occorre destinare risorse per i necessari ammortizzatori sociali per gestire la transizione, per garantire sia continuità di lavoro che di reddito. Il consumo zero di suolo è una scelta strategica, la riduzione radicale dell’uso di sostanze chimiche dannose in agricoltura una scelta non più rinviabile (viste anche le contaminazioni della risorsa idrica che provocano), la manutenzione e la gestione del territorio un dovere, valorizzando i consorzi idraulici e di bonifica. Il sistema dei parchi e delle aree protette decisivo per la difesa e valorizzazione della biodiversità. Un territorio, quello toscano, dove sono presenti molte aree boschive: non sempre è un bene, se frutto dell’abbandono dei terreni coltivati e se non curato, costruendo anche filiere di prossimità del legno e attenzione al sottobosco.

Lo spopolamento delle aree interne si contrasta anche attraverso una governance di prospettiva per uno sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile della montagna. I risvolti occupazionali che vanno in questa direzione sono anche un investimento preventivo in una situazione climatica che sempre più spesso estremizza gli eventi metereologici con conseguenze disastrose.
E’ dirimente quindi avere una visione di prospettiva indirizzata alla gestione attiva di questo patrimonio che, attraverso una progettazione puntuale ed adeguata, riesca ad utilizzare al meglio le risorse del PSR, del Green Deal, del Recovery Plan.
La Toscana deve aumentare in maniera significativa la quota di energia prodotta dalle fonti rinnovabili.
La geotermia copre attualmente circa il 30% dell’energia consumata nella Regione: occorre aumentare questa quota, incrementando la coltivazione dei bacini di bassa e, soprattutto, media e alta entalpia.
Anche se la geotermia ricopre un ruolo fondamentale nella copertura del fabbisogno energetico regionale, dobbiamo investire in modo importante anche nella crescita delle altre rinnovabili come solare, eolico ed 2 idroelettrico. In Toscana abbiamo sia le competenze che le risorse economiche necessarie per fare il salto di qualità, non solo a livello ambientale, ma anche nella “buona” occupazione che l’intero settore delle rinnovabili può garantire.
Le emissioni di anidride carbonica e di micro particelle vanno assolutamente ridotte. I dati e le rilevazioni dell’ARPAT – realtà che va mantenuta indipendente e potenziata a partire dalla dotazione del personale – ci segnalano che la qualità del suolo, aria e acqua della nostra Regione non sono rassicuranti.
Siamo in regola con le norme di legge, ma assolutamente distanti dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Occorre, come scelta politica regionale, adoperarsi perché gli indicatori e le prescrizioni si conformino alle prescrizioni dell’OMS, più virtuose nel garantire la prevenzione rispetto all’insorgenza di malattie legate all’inquinamento. Riteniamo che il processo di ripubblicizzazione della risorsa idrica già avviato attraverso deliberazioni di parte significativa degli enti interessati sia un fatto positivo: occorre coinvolgere le Organizzazioni Sindacali e le associazioni dei consumatori per individuare le modalità più appropriate di individuazione degli interventi strategici di ambito regionale, la riduzione delle tariffe, qualità e quantità degli investimenti e valorizzazione del lavoro, riducendo la costellazione delle aziende strumentali ed evitando il ricorso agli appalti.
La Regione deve svolgere un ruolo attivo di decisione, coordinamento e programmazione in tale ambito.
E’ un settore dove sarebbe stimolante individuare forme di democrazia economica che, senza entrare in sovrapposizione e contrasto con le titolarità delle RSU e delle categorie di pertinenza in materia contrattuale e vertenziale, vedesse coinvolte le Organizzazioni Sindacali sulle scelte di respiro.

In tema di rifiuti occorre assumere il principio del recupero di materia, perno dell’economia circolare e dello sviluppo sostenibile, come prevedono le direttive europee in materia di raccolta e smaltimento. Prioritario dunque, oltre alla riduzione dei rifiuti, organizzare la raccolta in funzione del riciclaggio: non stabilire solo la percentuale di raccolta differenziata ma soprattutto la percentuale di materia prima seconda ottenuta e reimmessa sul mercato (rispetto al quale tutti gli enti pubblici sono tenuti ad una robusta quota di acquisti, a partire dall’Ente Regione).
Le Direttive Europee prevedono entro il 2035 almeno il 65% di riciclo e il 10% in discarica: la Toscana deve porsi obiettivi più ambiziosi. Quanto residuerà di materiale non riciclabile o successivo ai cicli di riuso deve essere indirizzato verso impianti che non inquinino, con costi contenuti, che creino posti di lavoro di qualità, dentro una filiera produttiva innovativa e amica dell’ambiente, sapendo che per realizzare tutto ciò dobbiamo realizzare degli impianti industriali efficienti ed efficaci sia dal punto di vista delle emissioni che della resa termica, coinvolgendo le istituzioni e la popolazione nelle scelte e nel controllo della salubrità degli impianti. Anche su questo aspetto la dotazione della Toscana risulta contemporaneamente numericamente eccessiva ed obsoleta.
Il nuovo piano regionale dei rifiuti deve essere improntato a questi principi, individuando gli ambiti di chiusura dei cicli e mettendo al centro la dotazione impiantistica intermedia necessaria per azzerare le discariche, contenere la termovalorizzazione e procedere ad un robustissimo recupero di materie seconde dai rifiuti.