Nicoló, Duccio e il senso delle cose: Vicolo del Campaccio e l’effetto delle lenti che si appannano

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

Lottammo per pagare il conto, ancora una volta, in piedi davanti al bancone della pizzeria, discutendo dietro ai camerieri che passavano e chiedevano “permesso”. Separati da due pizze in consegna dovetti urlarle che mi offendevo, davvero, se avessimo fatto a metà. I suoi occhi grandi e neri, pazienti come quelli di una madre che perdona l’ennesimo capriccio ma non può farsi vedere vinta, fissarono i miei blu e il suo portafogli scivolò dentro la borsa.

Pioveva. San Domenico e il Duomo ci guardavano bagnati sostare sulla soglia del ristorante, facendomi sentire colpevole al pensiero di rubare un ombrello dalla massa indistinta che giaceva fuori dalla porta. Le dissi di alzare lo sguardo, di guardare alla luna piena che c’era stasera, mentre la mia mano destra si abbassò per afferrare il più grande. “Vieni con me, ti faccio vedere un passaggio segreto”

 

 

Vicolo del Campaccio fu il nostro rifugio: alla pioggia, alla fine delle vacanze di Natale, a una felicità che tremavamo a dire. Sotto l’arco chiusi l’ombrello, le presi la mano e la tenni al caldo dentro la mia tasca felpata. Farle da guida nella mia città faceva sì che i luoghi che attraverso ogni giorno si rivestissero di meraviglia. Che ciò a cui l’occhio è ormai abituato acquistasse nuova luce. Non glielo dissi. Restammo in silenzio, le braccia intrecciate goffamente sotto le maniche del cappotto, a osservare compiaciuti lo scudo di gocciole che alla fine dell’arco ci separava dal mondo. Dietro la forma della pioggia i tetti perdevano la loro staticità e si deformavano come cera al fuoco. In quell’istante, lo sentii, la realtà si fece docile e mansueta: un paese che non ci aveva fatto male e nel quale sentivamo di poter prendere finalmente cittadinanza. La mattina dopo la accompagnai alla stazione: la sessione sarebbe iniziata a breve.

Ripercorro oggi, in un giorno di ennesima zona arancione, Vicolo del Campaccio. Il fiato che respiro rimane intrappolato dentro la mascherina, gli occhiali mi si appannano e la vista attorno a me scompare. Rimane solo ciò che, qui, è stato. Da un negozio che abbassa le serrande proviene un Jingle Bells in lontananza. Non importa quanto tempo sia passato: certi ricordi rimangono aggrappati ai luoghi in cui hanno visto la vita come un mollusco che rimane attaccato allo scoglio. Nonostante il mare cerchi, ogni minuto, di strapparlo.

Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci