Nicoló, Duccio e il senso delle cose: rifugiarsi in Castelvecchio

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

Se il giornalismo d’informazione riveste la missione di trasmettere i fatti così come sono accaduti, il giornalismo narrativo vuole invece trasmettere al lettore, attraverso il vissuto soggettivo del personaggio del racconto, le emozioni che un luogo può donare. La rielaborazione narrativa come modalità per ricostruire l’esperienza soggettiva di abitare propone al lettore una comprensione profonda della realtà e nuovi stimoli all’immaginazione. E’ la prima rubrica che non racconta i fatti su Siena, ma cosa si può provare a viverla.

 

Il Campanone suonava da ore e ore e a me era salito quel sentire che ogni contradaiolo conosce, simile a un’ansia mista a gioia, che scandisce il precedere della corsa. Quest’anno si sommava all’inquietudine del palio un pensiero in più: andare in società e rivedere lei. I giorni scorsi l’avevo scampata, rimanendo fuori Siena per motivi “di lavoro”. Ma stasera, no, nessuna scusa sarebbe stata in piedi.

Mi feci una doccia fredda: l’acqua che mi scorreva sulla pelle voleva lavare ogni pensiero, mentre i rintocchi del Campanone e i canti che riempivano la via mi riportavano all’impegno imminente. Erano le quindici e trenta quando varcai il pratino di società e riconobbi, da dietro, il suo
fazzoletto. Per chiunque altro avrebbe potuto confondersi in mezzo ai fazzoletti tutti uguali di quello che era il nostro gruppo. Non per me. Feci una cosa incomprensibile per qualunque contradaiolo. E che, solo chi ha sofferto le pene d’amore, può capire: marcia indietro. Quest’anno non avrei visto il palio.

Come un cane randagio, andai con la coda fra le gambe a cercare rifugio nel luogo della città in cui più mi sono sentito protetto. Avete presente la zona di Castelvecchio? Ecco, una volta percorsa la salita ripida della Via di Castelvecchio, sulla destra c’è un’altra salita che i più, le gambe già stanche da quella precedente, non imboccano. Per fortuna, così potrò ancora godermi il mio luogo di silenzio nel mondo. Una piazza dalle solide mura di
mattoni rossi, chiusa alla confusione che fuori sempre si agita. Mi sedetti sui gradini d’accesso a un’abitazione. Questo posto chiuso mi protegge dalle
angosce che per strada mi mangiano. Sarà perché in questa zona è nato tutto: è qui che Senio e Ascanio trovarono rifugio dallo zio Romolo e gettarono le prime basi della città. Tornare qui mi riporta alle origini, a tutto ciò che dura e il tempo non cancella. Questo è l’unico posto di Siena dove anche il due luglio la quiete domina sulla festa.

Uno stormo di uccelli abbuiò per un attimo il cielo sopra di me. I cavalli dovevano essere partiti, mentre io me ne stavo lì fermo, a sedere. A volte tutto il mondo gira e tu semplicemente non puoi seguirlo. Allora vale la pena di prendersi i propri tempi, di staccarsi dal presente per riconnettersi con le radici. Di cercare un po’ di bellezza nei posti in quel momento più inusuali. Tirai un lungo sospiro, e mi alzai. Mi feci abbracciare ancora una volta dalla mia fortezza,
e sicuro varcai l’arco che riporta sulle strade vive e frenetiche della città. Chissà chi aveva vinto.

Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci

 

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