Misericordia, lo sfogo di Valboni: “I volontari si stanno allontanando, noi non ne possiamo più”

“Non ne può più il volontario che aspetta ore dentro un’ambulanza che non viene scaricata, non ne può più il volontario che monta in servizio e non riesce a fermarsi un attimo neppure per ricaricare i presidi esauriti, non ne può più il sanitario che è da oltre 12 ore in servizio, o il suo collega che continua a vedersi recapitare pazienti che non sa più dove mettere”.

Grida aiuto e si sfoga per il periodo difficile, nel suo messaggio in occasione della celebrazione di Sant’Antonio Abate, il provveditore della Misericordia di Siena Andrea Valboni. Con il covid che ha ricominciato a correre “le attività in ambito sanitario sono esplose nella seconda metà dell’anno e noi come molte altre associazioni di volontariato ci siamo ritrovati col fiato corto a cercare di tenere in piedi tutti i servizi che ci venivano richiesti, sia sul fronte delle urgenze che delle emergenze”, aggiunge. Il malessere è quindi “cresciuto nel tempo, sia per il carico di lavoro aumentato, sia per il clima di stress che pervade tutto il sistema sanitario”.

Valboni allora chiede di fermarsi per capire come mai “il sistema è impazzito così, perché pare davvero impazzito”. Il provveditore sottolinea un aspetto: “da soccorritore, perché ogni tanto anche io salgo sull’ambulanza, dico che poteva succedere in passato di uscire ad inizio turno e finire un’ora dopo la fine turno, ma che sistematicamente questo avvenga ad ogni turno, no, c’è qualcosa che non gira per il verso giusto; e non sto dicendo che questo è dovuto al covid, anzi: molti, tanti, troppi sono casi per i quali poi ci sentiamo dire una volta arrivati al PS: “Ma perché lo portate qui?” E il volontario, che non è un medico, che deve fare? Non voglio dire che questa sia la causa che, unita alla paura del contagio, ha portato diversi volontari ad allontanarsi dai servizi, ma sicuramente non ha dato una mano a tutte le associazioni che operano nel sanitario!”

Una situazione che, evidenzia Valboni, è continuata nel tempo e che “impedisce una libera socializzazione tra i volontari e gli associati, che ha sempre caratterizzato la vita associativa e dove si creava l’amalgama tra le persone, che si sentivano parte dello stesso corpo. Questo ci manca tanto e in parte ha contribuito all’allontanamento (o al non avvicinamento) di alcuni volontari dall’Istituzione. Quando il clima interno non è “gioioso”, si perde anche lo spirito di carità, cioè si perde il senso di quello spirito di servizio che avrebbe dovuto condurci a fare i volontari non per gratificazione di sé stessi, ma per dare un servizio alla comunità”, evidenzia.

Il 2021 è stato un anno “dalle due facce; prima quella della speranza e poi quella della frustrazione” afferma Valboni che poi aggiunge: “L’arrivo dei vaccini tanto attesi aveva fatto sperare, sicuramente peccando di ottimismo, in una rapida evoluzione in senso positivo della pandemia e l’estate pareva esserne la conferma. Purtroppo, ci si dimentica troppo facilmente che viviamo in una società globale e che non si può pensare di aver risolto un problema pandemico come quello che si è manifestato, se non si risolve con un’ottica globale”.

Valboni cita Papa Francesco (“esorto pertanto l’intera Comunità internazionale ad un impegno condiviso per superare i ritardi nella loro (dei vaccini) distribuzione e favorirne la condivisione, specialmente con i Paesi più poveri”) e spiega: “se non si fa questo, poi ci si ritrova l’omicron o il deltacron, o qualche altra variante che si genera dove la popolazione è più esposta. Ed ecco ripiombare nella frustrazione nella seconda parte dell’anno. Frustrazione e paura, in parte ingiustificata”.