L’utopia dimenticata

La prossima riapertura delle scuole, di ogni  ordine e grado si diceva una tempo, è il ritorno alla vita. Molto di più che le prossime elezioni e referendum. Tornate, o tornei, elettorali. Locali, regionali, referendari, molto frequenti e ripetuti; ripetitive.

Il ritorno a scuola, dalla materna alla università, è l’esperienza più importante, e fondamentale, per milioni e milioni di giovani. Basta realtà virtuali, tablet e telefonini, smart phone e videogiochi, smart switch e smart view, far web, ecc. ecc. ecc. C’è bisogno di scuola vera e di relazioni reali, non virtuali.

Abbiamo la fortuna qui di vivere in una città dove le bellezze sono da secoli reali e disponibili. Dove il Duomo, l’Ospedale, il Palazzo Comunale, da secoli testimoniano e stimolano l’intelligenza, la fantasia, la creatività. Per non parlare di tutte le altre innumerevoli meraviglie, pubbliche e  private, di cui godere. Nel “sogno gotico”  in cui abbiamo la fortuna di vivere quotidianamente, si corre il rischio talvolta di lasciarsi andare. Di continuare a “sognare” sempre, anche se ora, grazie o dopo o a causa del carogna virus, sarebbe il caso di darsi una “mossa”, una mossa vera, una sola, decisa e definitiva.

 

Di tutte le bellezze di Siena una è fra le più trascurate, le più nascoste, le più dimenticate. Penso all’Ospedale Psichiatrico di San Niccolò. Che era all’inizio un Convento di clausura per le Clarisse, fondato nel 1368, le cui cellette dal 6 dicembre 1818 cominciarono a custodire i diseredati della ragione, insieme a qualche tignoso e ad alcune gravide occulte.  Ma i mentecatti aumentavano di numero e già nel 1840 il Direttore lamentava che l’asilo era diventato quasi un alveare, irto di stretti corridoi e di celle più o meno lugubri. Si arrivò nel 1870 alla decisione di demolire il vecchio convento e di costruire al suo posto il Centrale, un monoblocco con 500 posti letto. Ma questo non fu che l’inizio. Ce n’est qu’un début…si diceva nel maggio del ’68, e quello del sessantotto fu un sogno non proprio realizzato. Invece il Centrale del San Niccolò fu l’inizio di un “sogno”, di una “utopia” in gran parte realizzata. Quella di una “città ideale”.

 

 

Costante Vasconetto