L’evoluzione dell’homo turisticus

Si raccomanda di leggere l’estratto del saggio ‘Evoluzione di homo turisticus’ firmato da Duccio Canestrini che è docente di Antropologia del Turismo alla Fondazione Campus di Lucca: link. Benché pubblicato nel 2016 – dunque in un periodo in cui la crescita costante dei flussi turistici sembrava un fenomeno inarrestabile – non ha perso nulla né in termini di attualità, né in termini di ironica e piacevolissima analisi di tutti coloro che amano metterci in viaggio per visitare luoghi ed attrazioni in altre parti d’Italia e del mondo.

La specie homo turisticus viene definita come ‘composta di individui con disponibilità di denaro che viaggiano per loisir (piacere), sapendo di tornare a casa dopo una breve vacanza’ e ne vengono evidenziate alcune varietà predominanti: “varietà cuccaniensis in cerca di risorse e facilities nei nuovi paesi di cuccagna che sono i villaggi vacanza; varietà arcadicus, amanti della tranquillità della campagna; selvaticus, ecoturisti amanti della natura, marinus, culturalis, e così via”.

Proprio perché pubblicato cinque anni fa, il saggio ci riporta ad un periodo di normalità, verso il quale desideriamo tornare, magari evitando di ricadere in alcune tendenze, che avevano avuto larga diffusione e generavano non pochi problemi. E non mi riferisco non solo all’eccesso di turisti in luoghi e città, che si stavano ponendo il problema della sostenibilità ambientale e sociale e della necessità di limitare flussi che – alla fine – provocano un consumo delle risorse attrattive di una destinazione.

Ad esempio, sul piano della autenticità dell’esperienza turistica, che viene considerata una delle chiavi su cui lavorare proprio per avere un turismo a migliore impatto economico e più responsabile di quello degli ultimi anni, Canestrini apriva una riflessione molto stimolante. Giudizi negativi a tappeto quando le autorità cinesi hanno deciso di ricostruire a casa loro, esattamente in ogni dettaglio, il “villaggio ideale” di Hallstatt (Austria), mentre “non risulta abbia fatto uguale scalpore la Little Venice di Las Vegas. Né la cosiddetta Lascaux II, replica della famosa grotta paleolitica di Lascaux realizzata dal Ministero della cultura francese e aperta al pubblico nel 1983, per salvaguardare il sito originale da un flusso turistico, tanto impattante che rischiava di alterarne gli affreschi”.

Ovviamente – aggiunge Canestrini – il contesto originale di Hallstatt o di Venezia rimane inimitabile, ma non è detto che il contesto interessi al turista cinese o a quello americano.

Che quindi, concludo io, va considerato più o meno homo turisticus di quello europeo?

Roberto Guiggiani