Le cinque cose da sapere prima di vedere la Divina Bellezza

Tecnologia 3D, 7 mila pixel di risoluzione e uno schermo di pietra antica. Divina Bellezza – Dreaming Siena è un caleidoscopio di colori, immagini e suoni che proietta lo spettatore in un viaggio alla scoperta della storia e delle meraviglie che hanno reso Siena una delle città più suggestive del mondo. Dal progetto del Duomo Nuovo agli affreschi del Lorenzetti, dall’ingegnoso sistema idrico sotterraneo alla sanguinosa battaglia di Montaperti. Senza, naturalmente, dimenticare il Palio e le contrade.

Ecco, quindi, le cinque cose che dovete assolutamente sapere prima di sedervi in Piazza Jacopo della Quercia con le cuffie sulle orecchie.

Il Duomo Nuovo, il progetto (mai completato) di una delle cattedrali più imponenti d’Europa

Nel 1339, nel periodo di massimo splendore della Repubblica di Siena, le autorità cittadine decidono che il transetto della Cattedrale, ritenuta non sufficientemente prestigiosa, sarebbe stato allungato per divenire il corpo centrale del Duomo Nuovo. Quello che oggi possiamo ammirare avrebbe dovuto costituire, quindi, il transetto della maestosa costruzione finale. Un sogno che non si avvererà mai. Infatti dopo poco meno di vent’anni, in cui si verificano vari crolli ed una terribile epidemia di peste, l’ambizioso progetto di quella che sarebbe potuta essere una delle più imponenti cattedrali di tutta Europa viene abbandonato.

Tuttavia, parte del “prolungamento” e la facciata del Duomo Nuovo, ormai costruite, vengono lasciate in piedi. Quest’ultima è stata ribattezzata dagli abitanti di Siena come il “Facciatone”, cornice (o meglio, schermo) d’eccezione per la proiezione in videomapping 3D della Divina Bellezza.

m2

Il Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti: Sapienza, Giustizia e Concordia

La proiezione nasce dallo studio del celebre ciclo di affreschi del pittore senese Ambrogio Lorenzetti, raffigurante gli effetti sulla città di un governo retto da nobili principi e, al contrario, quelli derivanti da un pessimo esercizio del potere. L’intera opera, che si trova all’interno della Sala della Pace del Palazzo comunale di Siena, fu realizzata fra il 1338 e il 1339 su commissione degli stessi governanti della città. All’epoca esso era composto da nove cittadini: da qui il nome di “Governo dei Nove”.

Nell’Allegoria del Buon Governo la Giustizia domina la scena da una posizione elevata, reggendo sulla testa il peso della bilancia. Su di un piatto sta la giustizia distributiva, rappresentata da un angelo che elargisce dei doni; dall’altra quella commutativa, che punisce con la spada chi infrange la legge. Al di sopra di essa troviamo la Sapienza, cui la Giustizia rivolge lo sguardo e dalla quale trae ispirazione. Ritroviamo la Giustizia anche nella parte destra dell’affresco, unica figura rappresentata due volte, a dimostrazione della particolare considerazione di cui gode fra tutte le virtù. Più in basso abbiamo invece la Concordia, ed è nelle mani di quest’ultima che si riuniscono le due corde provenienti dai due piatti della bilancia. Da qui parte un’unica corda la cui estremità è saldamente nelle mani dei 24 consiglieri del Governo, e finisce il proprio percorso legata allo scettro di un personaggio che rappresenta allo stesso tempo il Bene Comune e l’istituzione politica del Comune di Siena. Quella corda che si può apprezzare all’inizio della proiezione, simbolo del benessere della città.

Una rappresentazione dall’alto valore simbolico, che sta a significare gli alti valori civili che ispiravano i governanti della città del Palio nel XIV secolo.

I bottini, il tesoro sotterraneo di Siena

“Tu li vedrai tra quella gente vana/che spera in Talamone, e perderagli/più di speranza ch’a trovar la Diana;/ma più vi perderanno li ammiragli”. Così scriveva Dante nel XIII canto del Purgatorio, riportando le parole della nobile senese Sapìa che inveisce contro i suoi concittadini che – a partire dal 1176, anno in cui fu trovata una sorgente d’acqua sotterranea dai frati del convento del Carmine – sono impegnati in dispendiose operazioni di scavo alla ricerca della Diana, misterioso fiume sotterraneo. La leggenda narra infatti che sotto le vie della città scorresse un corso d’acqua e di come, in alcune notti particolarmente silenziose, fosse addirittura possibile percepirne lo scrosciare in alcune zone del centro storico. Nessuna traccia del fiume, però, è mai stata trovata.

Il riferimento a Talamone è invece legato ad un’altra motivazione. All’inizio del Trecento la Repubblica di Siena acquista a caro prezzo questa località marittima, con l’intento di farne il proprio porto affacciato sul mar Tirreno. Ma anche questo tentativo, come racconta ancora Sapìa nella Divina Commedia, fallisce a causa della cattiva posizione e della eccessiva lontananza da Siena.

Nel frattempo, Siena non resta con le mani in mano. “Il cielo dona l’acque, l’uomo s’ingegna: in quel di Siena tesse sotterranea tela” recita la voce narrante. Infatti, contemporaneamente viene costruita una rete di acquedotti sotterranei per la raccolta dell’acqua piovana, per un’estensione complessiva di circa 25 km: si tratta dei “bottini”. Il primo documento in cui se ne trova traccia è datato 1216, in cui ci si imbatte nel termine latino buctinus, probabilmente utilizzato per le volte “a botte” che si trovano sul soffitto di alcuni dei cunicoli. Conquistata l’indipendenza dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico, negli anni successivi vengono costruite gran parte delle fonti che sono oggi ammirate da migliaia di turisti. Compresa la celebre Fonte Gaia di Piazza del Campo, realizzata da Jacopo della Quercia fra il 1409 e il 1419. Ancora oggi, tutte le fonti della città sono alimentate attraverso l’antica rete sotterranea dei bottini, che fino al 1914 ha rappresentato l’unica risorsa idrica per i cittadini.

La battaglia di Montaperti: l’Arbia si tinge di rosso

Ed ecco che improvvisamente le pareti di quello che sarebbe dovuto essere il Duomo Nuovo si cospargono di sangue. “Lo strazio e ’l grande scempio/ che fece l’Arbia colorata in rosso”: è ancora Dante Alighieri che racconta come le acque del fiume Arbia si siano macchiate del sangue dei caduti nella durissima battaglia del Colle di Montaperti (1260).

Ma facciamo un passo indietro. A partire dall’anno 1000 le città di Siena e Firenze iniziano a godere di un benessere via via crescente, grazie alle attività mercantili e commerciali. La prima facilitata dal grande numero di pellegrini che transitano lungo la via Francigena, la seconda grazie alle straordinarie abilità dei suoi artigiani. Una rivalità economica, quindi, ma anche politica. Da un lato la guelfa Firenze schierata dalla parte del Papa, dall’altro la Siena ghibellina alleata dell’imperatore, che al tempo della battaglia di Montaperti è il re di Sicilia Manfredi di Svevia, figlio di Federico II. Inevitabile, quindi, che si arrivasse allo scontro. La causa scatenante fu l’accoglienza data nel 1258 da Siena ad alcuni ghibellini fiorentini in esilio, dopo un tentativo fallito di rivolta contro i guelfi al potere. Fra di loro c’è Farinata degli Uberti, anch’egli citato da Dante nella Divina Commedia.

Inizialmente il teatro della battaglia è la Maremma, fino a quando, il 4 settembre 1260, lo scontro si sposta pochi chilometri a sud-est di Siena. La guerra è durissima e i ghibellini inseguono fino a notte fonda i nemici: si calcola che sul campo siano caduti diecimila soldati e che altri quindicimila siano stati fatti prigionieri. Sembra la vittoria definitiva della fazione ghibellina. Poco meno di dieci anni dopo, invece, i guelfi riprenderanno il potere in Toscana e Siena riporterà una pesante sconfitta nella battaglia di Colle.

13559096_1140098926013176_5863019310744499982_o

Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa

Da ultimo, ma non per questo meno rilevante, l’aspetto sacro. L’importanza di Siena per il mondo cristiano è infatti notevole fin dall’epoca medioevale: lo dimostra la forza con la quale è radicato nel popolo senese il culto per la Vergine Maria, cui è intitolata la stessa Cattedrale.

Situata lungo la via Francigena e punto di ristoro per i pellegrini, la Divina Bellezza non poteva quindi tralasciare il ricordo dell’intensa vita di Santa Caterina. Nata a Siena nel 1347, all’età di sedici anni entra nell’ordine dei domenicani, precisamente nel ramo femminile delle cosiddette “Mantellate”, dopo essere rimasta folgorata da una visione in cui le appare San Domenico. Mentre ancora abita con i propri genitori conferma il voto di verginità formulato quand’era ancora adolescente, dedicandosi alla preghiera, alla penitenza e alle opere di carità, e in particolar modo all’assistenza dei malati. Caterina diviene ben presto la protagonista di una fervente attività di direzione spirituale senza trascurare coloro che appartengono ai ceti sociali più umili: dai nobili alla gente comune, dagli artisti ai consacrati. Incluso Papa Gregorio XI, al tempo trasferitosi ad Avignone, che Caterina contribuisce a riportare a Roma.

Muore nella città eterna nel 1380, a soli trentatré anni, dopo aver dedicato la propria vita agli altri, viaggiando molto ed esortando la Chiesa a riformarsi dall’interno, nel tentativo di promuovere la pace fra i popoli. Canonizzata da papa Pio II nel 1461, nel 1970 viene dichiarata dottore della Chiesa da papa Paolo VI.

 

Un’ultima cosa da sapere: Divina Bellezza non c’è la domenica. Tutte le informazioni sul sito.

Giulio Mecattini