La traslazione della statuetta miracolosa della Madonna

Il 23 ottobre 1611 viene traslata, con una processione solenne, la statuetta miracolosa della Madonna detta di Provenzano nella nuova Collegiata da poco benedetta (il 16 ottobre). Molti, ormai, miracoli attribuiti alla statua che si era “salvata” (almeno il volto e la testa: in origine si dice fosse a figura intera, probabilmente con il Cristo morto sulle ginocchia) dallo sparo dell’archibugiere spagnolo (che fine aveva fatto il soldato? Alcune versioni raccontano che morì nello scoppio dell’archibugio, mentre altre lo danno come pentito e convertito al culto della Vergine). Ne ricordiamo alcuni: Stefano d’Agnolo detto il Sarteano, dopo varie apparizioni della Vergine, riacquista la vista; Pietro e Maddalena Vernale, che abitano nella casa davanti a quella in cui si trova la statuetta, gravemente malati si affacciano alla finestra per pregare la statua e guariscono; nel 1594 Giulia di Orazio, una prostituta di Provenzano, che la sera del primo luglio deride coloro che adornano l’immagine per la festa del giorno successivo, si pente, prega la Vergine affinché le sani una cancrena e il 2 luglio (festa della Visitazione, e non è un caso) si sveglia guarita. Come si capisce sull’origine di un culto così sentito i fatti storici si sono intrecciati a leggende e racconti popolari. Non manca nemmeno uno dei protagonisti della Siena del Cinquecento, Brandano, il “pazzo di Cristo” che in un sermone prima della morte (1554) sembra predire questi avvenimenti: “Siena!… Io vedo i tuoi mali e non posso rimediarvi, perché Iddio è troppo adirato con te, Siena!… Metti la Signoria nel crivello, sinnò andrai in bordello! Siena!… Manda le tue figliuole scalze a far penitenza in Provenzano, perché t’è vicina a venire addosso una gran piena che t’affogherà… Senesi! Il vostro benessere è riposto in Provenzano e l’alta Regina che ha guardata Siena, la guarderà in eterno”. Come sia la devozione dei senesi e soprattutto della povera gente del quartiere di Provenzano (popolato di barboni e meretrici, come ci raccontano anche oggi i nomi delle sue strade) alla “Madonnina ferita” raggiunge dimensioni tali che si decide di costruire un santuario per conservarla. L’arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini, preoccupato dal diffondersi della nuova devozione e della sua conformità alle severe prescrizioni dettate dal Concilio di Trento, in un primo momento tenta di frenare il fenomeno proibendo, per esempio, di accendere lumi sotto l’icona e permettendo l’affissione dei voti solo di notte. In seguito informa, però, dei fatti senesi papa Clemente VII e il 20 ottobre 1594 la Congregazione dei Sacri Riti dispone che “è bene che non solo [l’immagine] si conservi, ma si aumenti la devozione della gente, e che però procuri che quell’Immagine sia tenuta con il decoro che conviene”. Se ancora non si ebbe il riconoscimento del miracolo la delibera contiene importanti disposizioni per la costruzione del futuro santuario: “con l’oblazioni et elemosine delle persone devote si può fabbricare una Chiesa è bene farlo, et se non si può per ora fare una Chiesa, si faccia almeno una Cappella da potervisi celebrare …”. Dal 1656 in onore della Madonna di Provenzano si corre il Palio del 2 luglio.

Maura Martellucci

Roberto Cresti