La storia: “Sono diventata un’Oss grazie alle lezione di vita di chi ha curato mio figlio”

Le lunghe attese passate isolati nelle camere, i controlli, le flebo, la chemioterapia, la vita di tutti i giorni che viene stravolta e la paura di perdere il proprio figlio che ha compiuto solamente un anno di età. Ha vissuto tutto questo quando era una giovane madre Samanta e, quindici anni dopo, ha ancora il groppo in gola quando racconta la malattia che ha colpito il suo bambino.

E’ ancora vivido il ricordo di quel mostro che all’ improvviso è entrato nelle loro vite. “Eravamo al mare, lui non riusciva a camminare, non stava in piedi nonostante avesse più di 12 mesi  – ci racconta-. Nel suo corpicino spuntavano quelle che poi avremmo scoperto essere petecchie…Così decidemmo di portarlo a fare vedere alla pediatria delle Scotte, fu lì che gli venne diagnosticata una leucemia rinoplastica acuta”.

Le sensazioni vissute in quei mesi sono difficili da raccontare: “Non si può immaginare cosa possono provare due genitori giovani mentre vedono il corpicino secco secco del proprio figlio lentamente trasformarsi per la malattia. Lo vedevo reagire, ma era dura, tant’è che era lui a darmi forza e a dirmi di non piangere”.

“In questi momenti serve tanta pazienza, serve coraggio, bisogna essere capaci di non abbattersi e rimanere accanto al proprio figlio. Bisognava essere coraggiosi anche perché le terapie funzionavano”, continua.  Ed infatti, dopo tre anni di cure nell’Ematologia pediatrica dell’ospedale di Siena, il piccolo guerriero è riuscito a vincere la sua battaglia più dura. “C’è stato un boato di gioia. Quando ce lo hanno detto ci siamo abbracciati tutti insieme – prosegue Samanta-, ci siamo abbracciati con i medici, con gli infermieri, con le oss. Dentro il policlinico eravamo diventati come una famiglia, anche con i membri di alcune associazioni: Katia Landi dell’Atl di Siena per me è come una mamma. Adesso il bambino è diventato un ragazzo: ha 15 anni e studia al liceo musicale, nonostante abbia la sindrome di down”, dice Samanta.

Ma il ringraziamento di Samanta va soprattutto al personale sanitario delle Scotte: “Sono tutti molto bravi, hanno dimostrato un’umanità infinita. Facevano di tutto per rallegrare e rendere più leggere le giornate tristi e difficili della malattia di mio figlio”.

Una lezione di vita che Samanta ha fatto sua e che adesso sta cercando di replicare. “La loro forza, il loro coraggio e la loro dedizione mi hanno appassionato così tanto che anche io sono diventata una oss e di recente ho fatto il mio primo ingresso al presidio di Nottola, spero in futuro anche io di lavorare in pediatria”, conclude.

Marco Crimi