La storia – “L’Africa, i bambini, lo stigma della disabilità: la vicenda della piccola Rose e la nascita del centro di Saint Marin”

In alcuni zone dell’Africa essere bambini disabili significa essere emarginati da ogni cosa che c’è al di fuori della propria casa. I genitori vedono la disabilità come uno stigma e la vergogna che viene provata spesso induce alle segregazione dei figli nelle loro abitazioni.

Questo è quanto accadeva anche nei villaggi vicino all’apostolato cattolico kenyota di Saint Martin. A raccontare l’accaduto è il senese Paolo Rossi che, con 20 anni vissuti tra l’Uganda e il Kenya insieme ai Medici con l’Africa Cuamm, conosce ogni dettaglio delle popolazioni che abitano il cosiddetto ultimo migliozone dove la sanità ha immense difficoltà ad arrivare, dove mancano beni di prima necessità e dove il caldo torrido toglie il respiro.

I protagonisti del suo racconto stavolta sono un sacerdote ed una bambina. “L’uomo è stato anche il fondatore del centro di Saint Martin – puntualizza Rossi-. Una volta arrivato nella sua parrocchia si era messo a leggerne le carte ed i documenti in modo da capire quanti bambini erano portatori di handicap tra i vari villaggi della zona. Lo trovò solo uno e gli sembrò un fatto strano, visto che si trovava in una regione dove non esisteva una sanità che potesse curare bene”.

Durante la Pasqua il sacerdote fece un’amara scoperta: “Mentre andava in giro a benedire le capanne trovò, in una delle casupole, una bimba di nome Rose che aveva problemi congeniti. I genitori si vergognavano, pensavano di essere stati maledetti e per questo l’avevano chiusa in casa. La facevano uscire solo dopo la notte”, prosegue Rossi. Il sacerdote fece però portare la bimba in ospedale, “ma, sia per la sua patologia che per il fatto che stesse sempre chiusa, Rose non riuscì a salvarsi e morì dopo qualche giorno”.

Una tragica fine, che si poteva evitare, anche se il sacrificio della piccola non è stato vano: “da questo grave evento è partita l’iniziativa per far nascere il centro di Saint Martin che accoglie ragazzi di strada, bambini emarginati, orfani di genitori morti di Aids – prosegue Rossi-. Inoltre piano piano, anche attraverso alcuni educatori che collaboravano con il sacerdote, la popolazione è stata educata ad accettare anche i giovani portatori di handicap e ad aiutare le loro famiglie. Dalla vergogna si è passati alla solidarietà”.