La storia – La famiglia Cardini tra i Giusti tra le Nazioni: salvarono ebrei senesi dalla deportazione

Chi salva un uomo salva il mondo, si dice e di sicuro un contributo enorme lo ha dato la famiglia Cardini, oggi annoverata tra i Giusti tra le Nazioni e che salvò, a Siena, la famiglia ebrea Sadun dalla deportazione. A raccontarlo oggi, nel giorno della memoria, è la figlia di Gino Cardini, Fiamma, che ricorda come fosse stato “naturale” per i suoi genitori salvare i Sadun dalla deportazione.

“La famiglia mia e quella dei Sadun erano molto amiche. I Sadun avevano vissuto gli ultimi mesi prima della liberazione, in quella che era la casa dei miei zii Adami dove vivevano anche i miei nonni e mio padre. Non avevo saputo nulla della vicenda finché non ci fu la cerimonia del conferimento anche ai miei genitori tra i “Giusti di Israele”.

“Nell’occasione -prosegue- chiesi al mio babbo il motivo di tale atto di coraggio e se fossero stati davvero consapevoli e impauriti per ciò che stavano facendo. Mio padre mi rispose che non c’era un perché, che il forte legame con la famiglia Sadun, fra mio nonno e Giacomo Sadun, partiva dall’infanzia e questo aveva reso normale e naturale aiutarli nonostante la percezione del pericolo.”

 

 

La continuità del rapporto con i Sadun fino ad oggi, fa comprendere quanto siano importanti i rapporti e l’umanità delle persone.

“Con i Sadun ne abbiamo parlato quando La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg ha posto una targa commemorativa nel palazzo dove vivevano i miei nonni per ricordare una casa di vita, uno di quei luoghi dove le persone furono salvate dall’olocausto-aggiunge-. Nella targa erano scritti i nomi dei nonni e del mio babbo. È stato un momento di unione per tutte le generazioni Sadun e Cardini. Erano presenti i nipoti e i pronipoti di quelle persone che avevano vissuto quei mesi di paura ed avevano superato le difficoltà di quel momento”.

Ed ancora: “Mi sono documentata ed ho potuto meglio capire l’orrore di quegli anni. Non è facile comprendere fino in fondo cosa davvero sia accaduto ed è importante che i giovani siano a conoscenza di una parte tragica della storia dell’umanità.”

E il ricordo della loro quotidianità “Giacomo, Lina e la loro famiglia vivevano durante il giorno in questo appartamento molto grande con delle stanze segrete, poi la sera, con il buio uscivano e si muovevano più liberamente al suo interno. Quando gli chiesi come facevano a sfamarsi durante quel periodo di guerra, mio padre, essendo un giovane medico che si specializzava in pediatria, disse che quando si spostava per le visite nelle campagne senesi, anziché farsi pagare si faceva dare del pollo, delle uova o della verdura per sfamare tutti.”

“Un’altro episodio raccontato dal babbo – ricorda Fiamma– era di quando lavorava in pediatria ed incontrò Annalisa Sadun, con i suoi genitori, a pochi mesi, aveva problemi di salute, vista la scarsità di cibo del periodo e la portò con sé in clinica pediatrica facendo finta che fosse la nipote della vecchia tata Flora, (colei che viveva in casa dei mie nonni da sempre) affrontando il rischio che ne derivava. Lo fece con naturalezza, la stessa con cui me lo raccontava.”
“Atro racconto – continua – Era quando Piero, figlio dei Sadun decise di raggiungere i partigiani, lo fece in bicicletta vestito da prete perché il Mon Signor Rosalini, anche lui giusto di Israele, lo aiutò a scappare. Credo che ogni volta siano racconti molto toccanti”

“Se potessi chiedergli ancora qualcosa- conclude infine Fiamma- Chiederei se fossero davvero coscienti di quello che gli sarebbe accaduto e se avessero davvero la consapevolezza che c’era qualcun altro a Siena che stava vivendo la loro stessa realtà.

Gaia Pomponi