La pillola anti Covid sorpassa gli anticorpi monoclonali. Tumbarello: “Hanno scelto i pazienti”

Tra gli strumenti di cui ci siamo dotati per combattere il coronavirus, da inizio 2022, c’è anche la pillola anti covid, che ha ricevuto l’autorizzazione dall’Unione Europea e dall’Ema, ma anche dall’Aifa. La pillola è una terapia domiciliare antivirale, ed è capace di ridurre quasi del 90% il rischio di ospedalizzazione e morte. Una terapia che sembra essere in vantaggio sulla omologa terapia coi monoclonali, che, al contrario, non hanno mai riscosso grandissimo successo tra i pazienti, tanto da far concludere anzitempo la sperimentazione. Mario Tumbarello, direttore della Uoc Malattie infettive e tropicali dell’Azienda ospedaliero universitaria Senese ha fatto il punto della situazione.

Professor Tumbarello, come sta andando la pillola anti covid?

“Direi che sta andando molto bene. Soltanto a Siena abbiamo curato quasi 150 pazienti in appena tre mesi grazie a questa tipologia di antivirale. Per fare un confronto, i pazienti trattati con i monoclonali, in un anno e mezzo, sono poco più di 400”.

Quindi la pillola ha battuto la terapia coi monoclonali?

“Non userei proprio questa frase. Diciamo che le due terapie si affiancano. Entrambe sono pensate per soggetti fragili, come pazienti immunodepressi, oncologici o diabetici. La differenza, al momento, consiste nella somministrazione: alcuni pazienti, potendo scegliere, preferiscono assumere pillole piuttosto che fare il trattamento in via endovenosa dei monoclonali”.

Come sta andando la pillola covid?

“Direi che va molto bene. Bisogna sempre tenere a mente che la pillola si utilizza nei pazienti colpiti dal virus nei primissimi giorni: la finestra, per così dire, resta aperta soltanto 5 giorni. Questo trattamento consente di non peggiorare la cartella clinica dei pazienti a rischio. A questo proposito è stata la stessa Aifa a stabilire parametri rigidi di somministrazione”.

Come si stabilisce se e quando somministrate la pillola?

“Non appena il paziente avverte i sintomi, normalmente, avverte il medico di medicina generale o dell’Usca, dopodiché quest’ultimo segnala la cosa all’ospedale. Qui entriamo in gioco noi, che studiamo la situazione del paziente e stabiliamo la terapia migliore in base a tutti quei fattori da prendere in considerazione. Chiaramente, non è un medicinale da poter somministrare indiscriminatamente a tutti, anzi, tutto il contrario. Inoltre, bisogna anche considerare che questi farmaci sono acquistati dallo stato che li passa direttamente agli ospedali”.

Molti lamentano una difficoltà nell’arrivare a questa cura…

“Come ho già detto la finestra è molto breve. Detto ciò, se si agisce tempestivamente non ci sono grandi problemi. Un paziente che accusi i sintomi la mattina, teoricamente, potrebbe essere curato con la pillola già nel pomeriggio”.

A che punto dell’epidemia siamo? Cosa ci dobbiamo aspettare?

“È molto difficile a dirsi quello che succederà. Le ultime varianti Omicron sono molto contagiose e poco aggressive ma nessuno può prevedere come muterà il virus nei prossimi mesi. L’auspicio è che i vaccini siano efficaci anche sulle varianti. Vorrei specificare che il covid non è finito. È normale che il focus dell’opinione pubblica si sia spostata sulle terribili immagini che ci arrivano dalla Russia e dall’Ucraina, scene che mai avremmo voluto vedere. Tuttavia, è assolutamente necessario non abbassare la guardia e mantenere un atteggiamento di buon senso proprio perché non sappiamo cosa succederà ed è impossibile fare un cronoprogramma. Stiamo andando verso la bella stagione e col caldo tutte le malattie respiratorie, covid compreso, comportano meno rischi ma noi siamo ancora a marzo”.

Emanuele Giorgi