Il sindaco di Cetona, Fabio Di Meo, interviene sull’IMU

 

Fabio Di Meo

Assumere decisioni in tema di politica fiscale è sempre esercizio alquanto delicato: occorre costantemente tenere un giusto equilibrio tra la necessità di erogare i servizi e quella di non gravare troppo sul reddito disponibile dei cittadini. E lo è ancora di più per un ente locale come il Comune, ed a maggior ragione per un piccolo Comune, dove il rapporto con i cittadini è stretto, quotidiano e responsabilizzante.

 

Ecco la parola chiave: “responsabilità”. Chi sceglie di assumere decisioni difficili, per il bene comune, se ne assume direttamente la responsabilità e ne risponde di fronte ai cittadini. Ciò con la nuova tassa comunale, l’IMU, pensata per la prima volta dal Governo Berlusconi, e poi messa nero su bianco dal Governo Monti, non sarà possibile.

 

Le Amministrazioni comunali sono infatti chiamate alla “decisione” di fissare le aliquote, cioè di stabilire quanto gravare sulle finanze dei cittadini. Ma siccome una buona parte dell’imposta la incasserà lo Stato e non i Comuni (per semplificare diciamo almeno la metà del gettito sulle seconde case), le Amministrazioni locali per ottenere lo stesso gettito fiscale che avevano in precedenza dall’ICI (comprensivo dei trasferimenti sostitutivi sulla prima casa), gli stessi introiti insomma, dovranno aumentare le aliquote. Per assicurarsi la parità di effetti sulle entrate del bilancio comunale, e dunque semplicemente le stesse risorse impiegate fino ad oggiAggiungi un appuntamento per oggi per erogare i servizi fondamentali, i Comuni dovranno aumentare la tassazione sui cittadini. E si consideri che in questo contesto la sacrosanta necessità di tutelare la prima casa, non gravando troppo su di essa, dovrà per forza scaricarsi sulle altre categorie, senza però portare alcun beneficio finanziario ai Comuni. In definitiva si tratta di una sorta di tassazione per interposta persona, come se lo Stato dicesse: tu Comune ti assumi la responsabilità della scelta impopolare, scelta della quale non puoi fare a meno, ne rispondi di fronte ai cittadini, però poi un pezzo del “guadagno” me lo prendo io. Insomma lo Stato tassa i cittadini, obbligando però i Comuni a metterci la faccia. Senza poi considerare che se un Comune, malauguratamente, dovesse decidere di aumentare gli introiti, anche in quel caso un pezzo della differenza se la prenderebbe lo Stato.

 

Ma non finisce qui: i Comuni dovranno pagare loro stessi l’IMU allo Stato, su tutti i loro immobili non destinati a “compiti istituzionali”. E dunque a quali ci si riferisce? Palazzetti dello sport, strutture sportive in genere, magazzini comunali o addirittura, anche le case popolari? In attesa di un’interpretazione più certa, è comunque sicuro che verranno sottratte ulteriori risorse dalle casse comunali per pagare l’IMU allo Stato. Ma non era una tassa comunale? Ciò che dunque emerge con chiarezza è che questa IMU con il federalismo fiscale, con quel percorso di progressiva riduzione dei trasferimenti statali da tempo in atto in nome dell’autonomia impositiva dei comuni, insomma con tutto quel chiacchierare sul fatto che ogni ente deve assumersi direttamente la responsabilità di chiedere denaro ai cittadini e di dimostrare di averlo speso nel modo giusto, davvero non c’entra proprio nulla.