Il panopticon e l’Hortus Conclusus

C’è ormai una diffusa consapevolezza che, fra le “eccellenze” storiche e culturali di Siena, ci sia da ascrivere anche  il complesso manicomiale del San Niccolò. I suoi trentatré edifici, le sue strade, i suoi orti, sono testimoni di una cultura e di una pratica terapeutica riabilitativa all’avanguardia, per i tempi in cui furono realizzate. La progettazione e la costruzione in pochi anni di un “villaggio disseminato”, dove anche il “lavoro” (nell’ottocento come ai giorni nostri) aveva valore  terapeutico e dignità sociale, sono oggi memorie non solo da rispettare, ma anche da recuperare e rivivere. Più dell’ottantacinque per cento degli uomini ricoverati, e oltre il settanta per cento delle donne, allora lavoravano. Si. Lavoravano dentro le strutture manicomiali e nelle proprietà agricole delle Pie Disposizioni. Allora. E oggi ? Anche al di là del carogna virus e prima del lockdown, qual è  il tasso di occupazione delle donne e dei giovani in Italia ?

Da mesi ormai questo giornale è impegnato nel recupero e nella valorizzazione, all’interno del San Niccolò, del reparto Conolly. Conoscerlo, capirlo, apprezzarlo, valorizzarlo. E’, lo sappiamo, una struttura architettonica preziosa. Insieme a pochissime altre al mondo testimonia e rappresenta un modo, il  modo, col quale conoscere, controllare, governare e dirigere gli esseri umani. Allora il target erano i folli, gli emarginati, i diversi, i diseredati della ragione.

Ma dobbiamo anche riconoscere, e considerare fino in fondo, che il Reparto Conolly era, ed è stato, la realizzazione già nell’ottocento – anche se era un edificio di modeste dimensioni – di una magnifica “utopia”. Quella del Grande Fratello raccontato da Orwell, del controllo universale su ognuno di noi. Il “conòlli”, come accentano i senesi che ci hanno lavorato, è stato una anticipazione di quello che oggi si sta realizzando per tutti noi. Per ciascuno di noi. Contro di noi. Al di là e al di sopra della nostra volontà e del nostro consenso.

In buona sostanza, e per andare al “nocciolo duro” della questione, capire il Conolly, che cos’era e come funzionava, vuol dire impegnarsi oggi in un percorso creativo e riparativo. Un percorso mentale capace di attivare conoscenze, valori, competenze, ed energie, utili a confrontarci oggi con la nostra realtà. Che cosa rappresenta e che cosa ci insegna oggi, il nostro Conolly ?

E partiamo allora dall’inizio.

A mio modo di vedere il nostro Conolly testimonia e anticipa, nella seconda metà dell’ottocento, quella che è diventata oggi la nostra realtà quotidiana. Una realtà “virtuale” che è diventata ormai più importante di quella “reale”. Una realtà che ci viene spiata, rubata, controllata, comunicata e venduta ad “altri” dai nostri telefonini, dai nostri computer, dai nostri tablets. Il grande fratello orwelliano esercita ormai un controllo universale e onnipresente su quello che siamo, che facciamo, dove ci troviamo, quando dove e con chi ci muoviamo, ecc. ecc. E ci dà anche, amorevolmente e gratuitamente tante risposte, tanti buoni consigli, tanti suggerimenti, il Grande Fratello. Che cosa scegliere, dove andare, che cosa comprare. E risponde così a tutte le nostre domande, alle nostre esigenze, alle nostre incertezze. Ci risolve tutti i nostri problemi, o almeno ci prova. Ci conosce bene. Sa tutto di noi. Ci traccia. Ci segue giorno e notte, conosce i nostri vizi e le nostre virtu’, le fedeltà e i tradimenti, successi e fallimenti.   

Ci conosce così bene che non può sbagliare a proporci qualcuno o qualcosa, qualunque cosa. E infatti noi gli vogliamo bene. Tanto bene.

Tant’è vero che nel momento del bisogno, anche nel recente lockdown per colpa del carognavirus chi è veramente stato vicino a noi, e ci ha dato una mano ?  Chi è legato a noi continuamente, ai nostri desideri, ai nostri bisogni ? Chi se non il Grande Fratello ?  Grazie a Apple, Amazon e Google, insiene a Microsoft, Netfix e pochi altri ?

Tant’è che alla Borsa di New York il numero di investitori retail,  che hanno acquistato azioni, è aumentato, nel solo mese di giugno di quest’anno, del 55 % per Microsoft, del 124  % per Facebook, del 103 % per Apple, del 111 % per Alphabet (Google) e del 69 % per  Netflix

Ci fidiamo, rafforziamo, investiamo in chi sta dalla nostra parte, ci aiuta, ci sostiene e ci protegge.

Così va il mondo.

 

Ma noi dobbiamo per fortuna tornare a Siena. Ai nostri valori, ai nostri beni.

 

Del Conolly ci siamo occupati in molti, per quanto riguarda la struttura architettonica, della funzione di controllo totale e continuo del paziente, dentro la sua “cella”. Non abbastanza abbiamo messo a fuoco, e valorizzata, l’altra funzione, quella altrettanto e forse più ancora importante. Quella terapeutico riabilitativa. 

Ogni cella infatti aveva accesso ad uno spazio aperto, dove il ricoverato poteva andare quando voleva. Un’area modesta di terreno coltivabile, un piccolo orto, circondato da un alto muro. Abbiamo la documentazione fotografica di questa stupefacente realizzazione, e possiamo vedere la realtà, di allora.

Però soltanto due terzi delle celle hanno, ciascuna, la propria area esterna utilizzabile e utilizzata come orto.  Quindi già in fase di realizzazione del progetto l’”utopia” dell’orto per ogni paziente si è dovuta scontrare con la realtà. Era un sogno, un desiderio, un metodo “terapeutico” non facile e non facilmente applicabile a tutti.

Il modello a cui l’architetto Azzurri e le Pie Disposizioni si erano ispirati era quello dell’Hortus Conclusus. Tipico giardino medievale, nato nei monasteri, dove veniva utilizzato per la coltivazione di piante alimentari e medicinali. Nutrimento quindi, ma anche terapia. Chiuso da alte mura era anche simbolo, per i religiosi, del paradiso perduto. Il Cantico dei Cantici lo celebrava “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, giardino chiuso, fontana sigillata”.

Un simbolo peraltro presente in diverse culture in tutto il mondo. Tante interpretazioni e incarnazioni del Giardino dell’Eden, giudaico cristiane, islamiche, orientali.

Purtroppo gli orti del nostro Conolly, non ebbero poi un grande futuro. Il loro destino, come quello di altri sogni e di altre utopie, era segnato, e dopo pochi anni l’accesso dalle singole celle venne murato. Ma quando quegli orti vennero pensati e realizzati, rappresentavano un efficace contrappunto, un complementare contrappasso compensativo e riparatorio, al controllo totale e continuo esercitato dal panopticon, dal grande fratello. Dal nostro amazon, da apple, da google.  I matti di allora però potevano sottrarsi quando volevano, in qualunque momento e per il tempo desiderato e necessario, al controllo degli infermieri. Rifugiandosi e nascondendosi nel loro spazio personale e privato, coltivando ortaggi, frutta e verdure. Era un sogno, era una realtà.

Ma c’è per noi oggi la possibilità di sottrarsi al dominio del Grande Fratello ?

 

Costante Vasconetto