Il gioco dell’elmora

Il 15 ottobre 1291, il Consiglio Generale, su richiesta esplicita dei Magnati, ripristinò il gioco dell’elmora in quanto i senesi “mostravano genio di veder le battaglie degli elmi, pietre, pugni, e cesterelli”. L’elmora o gioco “dei cestarelli” si svolse a Siena per quasi tutto il XIII secolo. Consisteva in una battaglia simulata combattuta (per motivi numerici) tra gli uomini del Terzo di Città contro quelli riuniti di San Marino e Camollia. Gli uomini, come protezioni, indossavano corazze corazze e lamiere di vario tipo per il busto, gamberuoli e cosciaroni per gli arti, oltre a scudi (probabilmente di legno ricoperti di cuoio) ed elmi di vimini intrecciati da cui l’altro nome di nome di “giuoco dei cestarelli”. Le armi erano bastoni, mazze, lance, pertiche (e talvolta anche sassi) e lo scopo era semplicemente vincere lo scontro, mettendo in fuga il “nemico” e cacciandolo dal Campo, dove questo gioco si svolgeva, almeno in una fase iniziale. Questa sorta “guerre per finta”, come le ha definite Langton Douglas, non sappiamo come siano iniziate a Siena (sappiamo però che si disputavano spesso per Carnevale) e le prime attestazioni riguardano, tuttavia, le molteplici proibizioni da parte del Comune, dovute alla crudezza e alla violenza del gioco: documentate quelle del 7 ottobre 1272, 8 settembre 1278, 2 ottobre 1287. Il gioco però piaceva e, a conferma di quanto tale pratica doveva essere difficile da sradicare, abbiamo le varie revoche delle proibizioni. Questa del 15 ottobre 1291, però, fu l’ultima: il 1 novembre si giocò un’elmora con esiti tragici, come testimonia un anonimo cronista. Gli schieramenti, racconta, erano quelli già visti tra i Terzi, quello di Città aveva perso ed era stato cacciato dal Campo; i suoi rappresentanti “hebeno soccorso” tra il Casato e Piazza Manetti, nelle case degli Scotti e dei Forteguerri (zona Quattro Cantoni). Qui si riorganizzarono e, scottati per la sconfitta, “si cominciò a menare le mani colle pugnia teribilemente;…veneno poi a sasi…poi a l’arme, e fuvi morti di buoni e gentiliuomini”. Si rese necessario l’intervento del Podestà per riportare un minimo di ordine: “cominciò col bastone e altre minacce a spartire…ma innanzi che la chosa avesse fine vi fu molti de’ feriti e anco più di dieci de’ morti”. Il cronista conclude dicendo che da allora i Senesi, non potendo più “divertirsi” con l’elmora, che dopo questi fatti tragici venne definitivamente messa al bando.

Maura Martellucci

Roberto Cresti