Il clima cambia e gli animali si fanno la guerra per il cibo: lo studio dell’Università di Siena

Il riscaldamento globale rende gli animali più aggressivi. Il motivo? Lo hanno spiegato quattro studiosi dell’Università di Siena, Niccolò Fattorini, Sandro Lovari, Sara Franceschi e Francesco Ferretti: “In molte specie gli individui competono per l’accesso alle risorse alimentari, e spesso questa competizione può verificarsi attraverso il comportamento aggressivo”.

I risultati dello loro ricerche sono stati elaborati in un lavoro dal nome “Animal conflicts escalate in a warmer world” che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science of the total environment”.

“Ci siamo chiesti se l’attuale cambiamento climatico, attraverso i suoi effetti sulla crescita della vegetazione, provocati dall’aumento di temperatura e alterazione della piovosità, possa indirettamente intensificare i conflitti per l’accesso alle risorse da parte di mammiferi erbivori – spiegano i ricercatori -. Abbiamo quindi preso in esame il camoscio appenninico, un erbivoro a rischio di estinzione che abita le alte quote, ambienti particolarmente sensibili al cambiamento climatico”

Campione dello studio  è stata la specie del camoscio appenninico. Nella sostanza le temperature in aumento e la diminuzione delle piogge in estate innescano, nei giorni successivi,  un incremento delle interazioni aggressive per accedere al cibo tra le femmine di questi animali. Il meccanismo dunque è indiretto: i gradi salgono, piove meno e dunque ci sono meno risorse. Ecco perché i camosci diventano più irruenti.

Di fatto questa situazione si può comparare a ciò che molti studi hanno preso analisi per i conflitti umani scoppiati nel corso della storia. E così come gli animali sono diventati più violenti per accedere al cibo anche molte guerre potrebbero scoppiare quando le risorse diventeranno più scarsa per colpa del del cambiamento climatico.

Le simulazioni sviluppate nello studio, coerenti con gli scenari di previsione del riscaldamento globale, prevedono per il camoscio un aumento dell’aggressività pari al 50% nei prossimi 60 anni.

“Tuttavia – chiariscono i ricercatori – al momento non siamo ancora in grado di affermare se risposte comportamentali di questo genere si diffonderanno con l’attuale cambiamento climatico o se resteranno piuttosto localizzate, poiché gli effetti potrebbero differire da specie a specie, e tra le diverse aree geografiche del pianeta”.

“Negli ultimi decenni, gli studi in natura sulle risposte ecologiche e comportamentali degli animali selvatici ai cambiamenti climatici si sono moltiplicati, ma i possibili effetti sull’aggressività erano ancora ignoti. Questo studio apre nuove prospettive per indagare i meccanismi che influenzano le modalità e il grado di competizione nelle specie animali, con implicazioni per la ricerca etologica e per la conservazione della biodiversità”, spiegano dall’Università.