Guerra in Ucraina, il generale Staccioli: “Inevitabile la vittoria di Putin”

Era il 24 febbraio quando l’esercito russo ha sferrato un’offensiva verso l’Ucraina. Da quel momento, inevitabilmente, l’attenzione di tutto il mondo si è spostato proprio sugli eventi militari in corso in quel paese. Siena News ha chiesto al Generale ex comandante del 186esimo dell’Esercito Italiano, Augusto Staccioli, di fare il quadro della situazione.

Il Generale Augusto Staccioli nasce ad Urbino il 3 giugno 1949. A  Siena è l’ultimo comandante del 5° Battaglione “El Alamein” prima che questo venga trasformato nel 186° reggimento paracadutisti “Folgore” del quale ne assume poi il comando nel 1994. Con il 5° Battaglione paracadutisti “El Alamein”, partecipa all’operazione “Provide Comfort” nel Nord Iraq, assume poi l’incarico di Capo di Stato maggiore della Brigata paracadutisti “Folgore” in Somalia operazione “Restore Hope”). Attivo a Sarajevo nel 1997, paracadutista di lungo corso, Staccioli è stato, per dieci anni, comandante della Scuola di lingue estere dell’esercito in Santa Giuliana a Perugia.

Generale Staccioli, come sta andando la guerra per l’esercito russo? 

“La manovra che sta portando avanti l’esercito russo è una tenaglia, come si vede benissimo dalle cartine, che si chiude proprio intorno a Kiev. Quello russo è un esercito preparatissimo e sta cercando di evitare i centri abitati. Purtroppo, ho paura che si andrà a finire con qualcosa di molto simile a un assedio medievale e le grandi città prese per asfissia”.

Le ultime notizie però parlano di corridoi umanitari…

“Vero, e da quel che so i polacchi stanno confermando la loro funzionalità così come funziona bene la distribuzione dei materiali di prima necessità. Il problema vero per la popolazione è che la decisione di armare i civili non può restare priva di conseguenze. Anche secondo il diritto internazionale, un civile che spara addosso ai militari diventa un combattente; dopotutto non si può pensare di sparare addosso a dei militari senza aspettarsi una risposta”.

Secondo lei, a che conclusione si potrà arrivare?

“Non ho dubbi che tutto si concluderà con una vittoria militare di Putin. All’inizio, la mia opinione personale era che si accontentasse di Donbass, Lugansk e Crimea ma invece ha deciso di ‘tirare dritto’. Sicuramente Putin si aspettava una resa ucraina molto più rapida. In ogni caso gli unici a rimetterci per davvero sono e saranno tutti quei civili che verranno martoriati da questa situazione”.

La Russia ha agito con un modus operandi che richiama molto l’Unione Sovietica.

“Sicuramente ci sono molte affinità con quello che vedemmo a suo tempo con Ungheria e Cecoslovacchia. Quello era un modo che l’Urss aveva di agire quando un paese satellite alzava la testa. Io penso che alla fine i potenti riusciranno a risolvere questa situazione con una trattativa”.

Quale potrebbe essere l’esito della trattativa?

“Sicuramente si partirà dalla neutralità dell’Ucraina. Quello che preme a Putin è di avere uno stato cuscinetto tra lui e la Nato. Bisogna considerare che, qualora venissero installati dei missili a Kiev, a Putin verrebbe a mancare anche il più minimo tempo di reazione. Per capirsi, un missile partito dalla capitale ucraina impiegherebbe appena 180 secondi per colpire Mosca, un tempo davvero eccessivamente breve. Detto ciò, per come si sono messe ora le cose non vedo troppo lontana l’ipotesi di una divisione del paese: a est del Dnepr una zona filorussa e a ovest una sorta di nuova Ucraina. Dopotutto, la zona a est è sì quella più filo-Mosca, ma è anche la parte più ricca ed industrializzata della nazione”.

I paesi occidenti stanno armando l’Ucraina, si tratta di un atto ostile? 

“Assolutamente sì, si tratta di un appoggio militare, non solo politico. Quando si tengono questi comportamento è chiaro che si è deciso di schierarsi in modo netto. In ogni caso, non penso che ci saranno movimenti da parte di forze Nato sul territorio. L’augurio è che la compattezza vista negli ultimi giorni rimanga stabile anche in futuro, ma politicamente i vari paesi potrebbero voler assumere posizioni diverse: il pensiero va alla Turchia, perno orientale del patto atlantico, che si è già un po’ sfilata”.

Quali sono i paesi che potrebbero rischiare ritorsioni? Gli statunitensi hanno addirittura parlato di rischio per Finlandia e Svezia. 

“Intanto dobbiamo distinguere tra nazioni Nato e non Nato. Polonia e Romania, così come Lituania, Lettonia ed Estonia, sono paesi Nato, per loro una ritorsione militare è quasi impensabile. Svezia e Finlandia, al contrario, sono paesi fuori dal patto atlantico, quindi, se vogliamo, il messaggio che Putin sta mandando ai due paesi scandinavi è proprio questo, di fare attenzione alle proprie azioni e gli sta consigliando di rimanere neutrali. Comunque, non si può non constatare come da ambo le parti, Russia e Nato, si stia osservando il massimo rispetto per i trattati, proprio al fine di evitare incidenti irrecuperabili”.

Negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare di bomba atomica e nella notte si sono verificate addirittura aggressioni a centrali nucleari. L’incubo atomico è davvero vicino? 

“Innanzitutto le centrali nucleari di cui si parla sono centrali civili e non militari. Io ritengo che neanche le truppe russe stiano davvero pensando ad una presa cruenta delle centrali dal momento che si rischierebbe una tragedia di proporzioni immani. Peraltro, essendo così vicine al confine sarebbe anche un suicidio. Sicuramente il tentativo di occuparle c’è ed è in atto. Altrettanto sicuramente, la minaccia di una bomba nucleare resta sullo sfondo, utilizzata più che altro come massimo deterrente”.

Quella di Ucraina era una guerra prevedibile – se non addirittura prevista – già da tempo?

“Io stesso non appena i russi avevano iniziato a schierare i carri (ai tempi si parlava di esercitazioni) avevo avvertito che Putin non stesse scherzando e qualcuno pensava che stessi esagerando. La verità è che i proclami pro occidente di Zelenski si susseguivano da tempo ed anche altri paesi caldeggiavano questo avvicinamento, tutte cose che non lasciavano ben sperare. Adesso si stanno portando avanti delle trattative ma sicuramente Zelenski a un certo punto dovrà scendere a più miti consigli. Quello che posso dire al momento è che non so chi sarà il prossimo presidente di Ucraina”.

E la Cina?

“Proprio due giorni fa è stata votata una risoluzione Onu per le sanzioni alla Russia. L’esito è stato di 141 paesi a favore, 5 contrari e 35 astenuti. Tra gli astenuti c’era proprio la Cina ma insieme a loro c’erano anche India, Pakistan ed altri paesi di quell’area. Noi forse non ce ne rendiamo conto, ma si tratta di una mole di umanità enorme: ben oltre il 50% della popolazione mondiale si è astenuto dalle sanzioni alla Russia. Tutto ciò per dire che sicuramente ci sono accordi tra Russia e Cina, e che le transazioni che oggi Putin non può più fare con l’occidente del mondo lo farà con il blocco asiatico”.

È immaginabile una mossa militare cinese?

“Come detto il blocco asiatico è enorme. Se parliamo di aspetti economici si stanno già muovendo, ma una mossa militare cinese sarebbe molto più preoccupante. Una mossa della Cina verso Taiwan potrebbe rappresentare il primo passo verso la catastrofe dal momento che questi ultimi hanno accordi ben precisi con Usa e Giappone. D’altro canto è pur vero che gli occidenti negli ultimi anni hanno dovuto affrontare, ed accettare, sia il caso di Hong Kong e di Singapore”.

Noi siamo sempre stati abituati a vedere le guerre come fenomeni molto lontani da noi, quali sono le differenze tra le guerre in Medio Oriente o in Africa del nord rispetto a questa?

“Probabilmente è tutta una questione di percezione. La guerra si fa sempre con carri armati ed armi, semplicemente nessuno si preoccupa di quanto accade ad Aleppo o a Mosul, ma Kiev è davvero vicina”.

Fukuyama scrisse ‘La fine della storia’, si può dire che la storia non solo non è morta ma che è viva?

“La storia è viva e sta benissimo, anzi si muove sempre con colpi inaspettati. Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno spiazzato non solo me, ma anche tanti altri osservatori. L’unico augurio che possiamo farci ora è che Zelenski si affretti a sedersi ad un tavolo con spirito costruttivo”.

Emanuele Giorgi