Granchio blu, da minaccia a risorsa: Siena valuta se la ‘bestia nera’ dei pescatori si può mangiare

Eradicare una specie per salvare la sostenibilità del nostro ecosistema marino. Sembra un ossimoro ma è l’obiettivo dell’Università di Siena, che per farlo sta tentando di portare sulle nostre tavole un nuovo alimento: il granchio blu americano.

Questo grosso crostaceo è originario dell’altro lato dell’Atlantico ma è arrivato fino a qui, lungo le coste del Tirreno, negli ultimi anni. La presenza di questa specie “aliena” è molto invasiva: il suo adattamento al nuovo ambiente sta creando non pochi problemi ai pesci ‘autoctoni’

“Parliamo di un  predatore che si ciba di tutto ciò che trova, che si riproduce molto velocemente e che inoltre è capace di risalire pure le acque dei fiumi, costituendo così una minaccia anche per gli ecosistemi presenti sulle acque dolci”, ammette Letizia Marsili, docente del dipartimento di scienze fisiche e della terra e dell’ambiente dell’ateneo di Siena.

Che fare dunque? Da questa domanda è partita l’Università che ha deciso di coinvolgere i pescatori della costa toscana. “Nelle loro reti il granchio blu è sempre più presente: in una settimana un pescatore ha rivelato di avere preso 34 chilogrammi di questa specie”, continua Marsili.

Ecco perché l’ateneo ha dato il via ad un progetto di indagini organolettiche e tossicologiche sui granchi. “Se tutto andasse bene potremmo proporne il consumo. La via d’uscita sarebbe doppia: da un lato eradicheremo questa specie così invasiva nelle nostre acque, dall’altro daremo un’ulteriore fonte economica ai pescatori che potrebbero vendere un grosso granchio ricco di polpa”, conclude Marsili.

MC