Gli ultimi merli ghibellini

Capita spesso, quando si nasce a Siena, di giocare per le strade dei rioni. Perché Siena è la strada, qui si vive o almeno si viveva la vita di ogni giorno, complice la misura d’uomo della città. Capita di giocare anche in un rione che non sia quello di appartenenza perché ci sono amicizie che esistono da sempre.
Nei nostri ricordi d’infanzia non ci sono solo i sassi di Sant’Agostino, l’Orto Botanico o i giardinetti dell’ex asilo in via Duprè, ma ci sono anche le giornate trascorse a giocare al ‘palio’ tra la Costa Larga e il vicolo dei Percennesi ed è proprio durante una di queste paliate che un gruppo di bambini scoprì uno degli angoli più nascosti di Siena. A chi non è capitato mentre corre e urla di disturbare i pomeriggi di qualche anziana signora che puntualmente benedice la tua mamma con espressioni più o meno colorite?
Probabilmente sarà capitato a ognuno di noi, ma quel pomeriggio anche la signora che almeno una volta a settimana provava a sequestrarci i barberi o le corde usate per fare il canape si era stancata e allora fece una cosa che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato: prese la sedia, qualche bottiglia di thè e nella pausa tra una paliate e un’altra ci costrinse ad alzare gli occhi e si mise a raccontarci una storia. Sembrava quasi una di
quelle favole che ti raccontano quando sei piccino, una rivisitazione delle leggende medioevali , ma non era così perché Siena un tempo era stata davvero la protagonista delle lotte tra papato e impero, e di questo suo passato glorioso, una testimonianza era rimasta e noi per tanti pomeriggi l’avevamo avuta sotto gli occhi senza notarla mai.
I nostri sguardi si diressero infondo al vicolo e iniziarono ad alzarsi piano, con quando tutti noi notammo che i merli nascosti sopra ai tetti di quelle case non erano quelli che eravamo soliti vedere, quelli erano merli a cosa di rondine, gli unici rimasti in tutta la città. La donna iniziò a spiegarci cosa avessero di tanto speciale quei merli che erano sopravvissuti alla distruzione di massa e al cambiamento e rimanevano lì a testimoniare la fedeltà di Siena all’impero; mentre raccontava di come, durante quelle giornate medioevali che segnavano la fine di un’epoca storica senese di indiscussa grandezza, i guelfi distruggessero ogni simbolo della sua identità cercando di imporre la loro, sorse spontaneamente una domanda: come mai proprio quei merli erano sfuggiti alla furia guelfa?
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L’anziana signora sorrise e fece silenzio per un minuto, ci guardò e ci invitò ad osservare meglio il punto in cui si trovava quel piccolo e orgoglioso segreto cittadino e poi disse una frase, una frase che da allora non abbiamo più dimenticato: “Qualunque grande tesoro è nascosto nei vicoli più familiari, sta solo a noi saperli osservare”.

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Aveva ragione, nessuno di noi aveva mai pensato a guardarsi intorno ed era questo il motivo che ci aveva fatto perdere tante bellezze senesi. Ed era anche il motivo per cui quei merli non erano stati toccati: si trovavano in un punto così ordinario, nascosti in mezzo ai tetti che erano sfuggiti agli occhi impazzito dell’esercito guelfo che quindi gli aveva lasciati lì, in quell’angolo appena sotto al cielo dal quale si scorge anche il bandierina della Torre del Mangia, in un vicolo tanto centrale quanto poco conosciuto di questa città. Sono passati diversi anni da quel pomeriggio: abbiamo perso alcune amicizie da allora e abbiamo smesso di fare le paliate in quel vicolo, ma talvolta, passando da via di Città oppure dal casato capita di aver voglia di riaffacciarsi nei Percennesi è ancora oggi ci sembra di sentire la voce della anziana signora che ci spinge ad alzare gli occhi e ci ritroviamo a fissare quei merli che per noi oggi sono anche un monito, un invito a non perdere la curiosità è la voglia di scoprire la nostra città e innamorarci dei suoi angoli più segreti e misteriosi, perché diversi anni fa una cosa l’abbiamo imparata ” qualunque tesoro è nascosto nei vicoli più familiari, sta solo a noi saperlo osservare”.

Vittoria
Maria Vittoria

(grazie a Federico Betti che ci ha permesso di scattare le foto dalle finestre di casa sua)