Giovanni Righi Parenti: spezie, cucina e Palio. Una vita che è tutta alchimia

Il 3 aprile 1923 nasceva a Siena Giovanni Righi Parenti. Figlio di un altro famoso senese, Gerardo Righi Parenti (in arte Parige, autore di un bellissimo libro edito nel 1926, “L’anima del Palio di Siena. Appunti ed impressioni”), ocaiolo, era farmacista, diplomato in erboristeria, scrittore, poeta, pittore. Dedicò la sua vita allo studio della cucina, ricercando antiche ricette e, tramite queste, ricreando i sapori perduti della tradizione culinaria senese e toscana; fu anche un grande promotore della conoscenza dei vini d’eccellenza del nostro territorio e del loro abbinamento con i vari piatti. Ma, Giovanni Righi Parenti è andato oltre, unendo, all’enogastronomia, aneddoti e storia.

Membro dell’Accademia Italiana di Cucina, della Federazione Italiana Cuochi e di numerose e prestigiose associazioni culinarie francesi, scrisse numerosi libri su questa materia (“Il buon vino”, “La guida al Chianti”, “Tesori e profumi dell’orto”, “Il libro del saper bere”, “Il buon mangiare”, “Dolci di Siena e della Toscana”, “Il ricettario del còco senese”). In un’intervista riportata da Nicola Natili, Righi Parenti afferma che “La cucina senese non è ricca come quella fiorentina o di altre città del centro nord. È patriarcale, arriva dalle campagne. (…) i senesi ebbero il merito di apportare importanti modifiche alle ricette dei loro conterranei. Pensiamo alle zuppe di verdura: a Siena le preparavano con qualche erbuccia in più, come la nipitella, il timo, lo zenzerino, che danno una sinfonia di odori e di sapori. I risultati erano così eccezionali che lo Strozzi, consigliere del re di Francia, l’aveva praticamente esportata. Ma non si tratta dell’unico caso. Lei pensa che la besciamella sia francese? Invece è una ricetta originaria di queste parti: farina di grano, acqua, poco burro. Poi entrò a far parte del menu francese”.

E ancora afferma: “Il 1260 rappresentò una svolta: in quell’anno, infatti, arrivarono le spezie dall’Oriente. I senesi avevano sempre usato le spezie di campo e questo gusto è andato aumentando”. E con le spezie, nel XIII secolo arrivò molto che influenzò Siena nei commerci e nell’arte, solo per parlare delle cose più evidenti. E poi la sapevate la storia del panforte, sì certo: “La sua origine è il menatello, un dolce fatto con farina, acqua e miele: addirittura si utilizzava l’acqua di lavatura delle arnie. Dentro si impastava anche la frutta, fichi, albicocche, mandorle. Poi si metteva in forno, ma invece di cuocersi a fondo si inacidiva. Per questo si chiamava pane forte”, ma certo non tutti conoscevano il fatto che il buristo nacque “durante la reggenza della principessa del Palio, Violante di Baviera. Questa principessa aveva al suo seguito delle guardie tedesche che mangiavano dei salsicciotti, i wurst. I senesi li imitarono aggiungendo, come al loro solito, delle spezie, e gli diedero il nome di buristi dall’unione di wurst e blutte, che in tedesco significa sangue. E nessuno dica che il buristo vero, quello doc, è comune a tutta la Toscana; negli altri casi si tratta di mallegati che a Pistoia contengono addirittura uvetta e pinoli”. E potremmo andare avanti così. Ma, invece, voglio sottolineare che Giovanni Righi Parenti amò l’arte al pari della cucina. Come pittore, con lo pseudonimo Giò Renti, ha realizzato quadri delicati dove il tema della Contrada e del convivio in Contrada era ricorrente: in mezzo a bandiere che assumevano gli aspetti di ali di farfalla egli amava dipingere gente riunita a banchetto, quasi per sottolineare l’importanza del gusto e del sapore nell’essenza dello stare insieme di noi Senesi. L’urlo del Palio, scrive, “è il canto di Siena che si innalza senza confini”.

Maura Martellucci
Roberto Cresti