Giovanni Impastato a Siena per il nuovo libro: “Brusca? Sono indignato ma è la legge di Falcone”

“Sono indignato ma è la legge di Falcone”, commenta così Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato che proprio ieri era a Siena per presentare il suo nuovo romanzo intitolato “A mio fratello. Tutta una vita con Peppino”. Giovanni ha dedicato la sua intera vita a ricordare la figura di suo fratello, rimasto ucciso sotto i colpi della mafia, il 9 maggio 1978. Il caso ha voluto che la sua presentazione, tenuta nel Giardino Segreto del Tribunale di Siena, coincidesse, con pochi giorni di distanza, dalla scarcerazione di Giovanni Brusca, pluriomicida, artefice della strage di Capaci, braccio destro del boss mafioso, Totò Riina, successivamente pentito e collaboratore di giustizia.

“In quanto vittima di mafia – spiega Giovanni Impastato – mi sento terribilmente indignato ma d’altronde non possiamo farci nulla. Per capire meglio il come, un personaggio come Brusca, autore di oltre 100 omicidi, sia uscito solo dopo 25 anni di carcere, dobbiamo capire il panorama politico di quegli anni. Allora avevamo una Stato che non fu in grado di capire che cosa fosse ‘cosa nostra’ chi se ne interessava, chi indagava, finiva ucciso per mano di cosa nostra. Se siamo riusciti a dare una svolta alla situazione è solo grazie alla legge del giudice Giovanni Falcone che ha diminuito drasticamente la pena ai collaboratori di giustizia, che si sono rivelati indispensabili nell’inchiesta sulla mafia. Io non sono un giustizialista né un massimalista, io credo nel buono dello Stato e nella giustizia ma non perdono queste persone per i crimini che hanno commesso, quello spetterà a qualcun altro”.

Il nuovo romanzo di Impastato dona una nuova testimonianza alla figura di Peppino, giovane ragazzo rimasto vittima della mafia perchè aveva avuto la forza di raccontare i crimini che venivano commessi. “La mafia è una montagna di merda”, questa la frase simbolo che è passata nella storia e rimane viva nella memoria di ognuno di noi.

“Sentivo che c’era un qualcosa di non scritto sulla figura di mio fratello – continua Impastato -. nel mio romanzo ho voluto raccontare un altro lato, quello umano, la storia di due bambini impauriti da quel periodo in cui la Sicilia era assediata dalla mafia. La storia si conclude al 9 maggio 1978 per non distogliere lo sguardo del lettore e concentrarsi sulla figura di Peppino Impastato, uomo di politica che voleva cambiare il mondo”.