Covid, Campanella: “Tra i giovani gravi disagi psicologici, sempre più famiglie chiedono un aiuto”

“Abbiamo chiamate quotidiane di persone che ci chiedono come affrontare le difficoltà psicologiche: attacchi di panico, ragazzi che non vogliono andare a scuola, che si chiudono e non vogliono uscire dalle loro stanze, che diventano dipendenti dalle tecnologie e dei social network dove passano gran parte del loro tempo. La situazione è allarmante”.

Il quadro lo ha delineato Valentina Campanella, responsabile del Centro Dedalo – Sos Dislessia ed ospite della diretta di Siena News. La struttura è specializzata  nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi specifici dell’apprendimento fornendo anche supporto alle famiglie e ai ragazzi. “Prima casi del genere c’erano, ma avevano una cadenza più sporadica- prosegue Campanella-. Ora invece accade molto più spesso e ci sono famiglie che ci chiedono di intervenire subito, addirittura per l’ora dopo, perché non sanno come gestire i ragazzi”. Per loro “diventa tutto di difficile gestione, anche perché hanno a che fare con dei ragazzi e non con dei bambini”, prosegue Campanella. “Il momento è drammatico per tutti, un aspetto che è emerso è quello della mancanza di socializzazione. La scuola è la prima finestra di vita sociale, la sua mancanza si è sentita da tutti soprattutto negli adolescenti – continua-. Sempre più ragazzi si chiudono in casa. Riceviamo tantissime chiamate per richieste d’aiuto e le famiglie non sanno più che fare”.

La didattica a distanza “c’ha fatto capire che l’insegnamento può essere rivoluzionato, ma non possiamo dire che fa del bene ai bambini”, dice la responsabile del Centro Dedalo. “Ci sono anche bambini iperattivi. Pensate come è difficile farli rimanere davanti a un monitor per qualche ora al giorno. Molti necessitano di una didattica versatile, inviare informazioni solo tramite un monitor è penalizzante”.

In questa emergenza pandemica il Centro Dedalo si è mosso subito. “Lo abbiamo fatto per tutelare i ragazzi. Ci siamo resi conto di quanto gli manca la scuola, hanno bisogno di confrontarsi con i loro coetanei”.