Covid, alle Scotte decessi in crescita ma terapie intensive stabili: “Pazienti vittime di altre patologie”

Diciannove decessi da lunedì 24 gennaio fino ad oggi, ma senza un aumento della pressione in terapia intensiva, che non arriva a toccare i 10 posti letto occupati. Sul bilancio dei bollettino covid dell’ospedale di Siena ci sono due grossi punti interrogativi: chi sono le le vittime di questa ondata di contagio?  Chi sono quelle persone che finiscono ricoverate?

“Ci sono stati degenti che hanno accusato altre patologie che purtroppo sono state la causa dei loro decessi”, a rispondere alle nostre domande è il direttore sanitario del policlinico Roberto Gusinu. Attualmente l’area covid del nosocomio ospita 87 persone di cui 80 ultracinquantenni, “ma tra i ricoverati abbiamo la grande maggioranza è costituita da over 65 – prosegue Gusinu-. Molti di loro sono asintomatici o paucisintomatici perché il vaccino ha protetto e  protegge contro il virus. Spesso però a incidere sono altre malattie, quelle per cui queste persone necessitano di essere curate”. Più specificatamente i degenti sono oggi 87 di cui 6 in terapia intensiva, 24 nel setting di media intensità, 56 in degenza ordinaria, 1 in area pediatrica. Quarantasei di loro sono vaccinati

“In terapia intensiva ospitiamo degenti con problemi polmonari legati al covid, ma bisogna anche dire che i pazienti ricoverati ‘per covid’  da noi sono meno della metà”, evidenzia Gusinu.  La sfida quindi è sempre la solita: “bisogna diversificare l’offerta sanitaria e aumentare i posti di cure intermedie”. In provincia, nei presidi dell’Asl e nelle strutture convenzionate, sono stati attivati 25 posti letto, “mentre aree covid sono state aperte anche negli ospedali di Campostaggia e Nottola, per ospitare persone positive asintomatiche che devono ricoverarsi per altre patologie”, avevano ricordato dall’azienda sanitaria.

“La sud est ha fatto un lavoro ammirevole che però deve essere svolto proprio a livello regionale – continua il direttore sanitario delle Scotte che poi ribadisce -:  dobbiamo diversificare l’offerta sanitaria e serve più spazio per le cure intermedie”.

MC