Covid-19, Confcommercio: calo del commercio al dettaglio, stabili i bar e ristoranti

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Il commercio al dettaglio sarà destinato a calare del 12,9%, è quanto emerge da una ricerca condotta a livello nazionale. Stabilità per quanto riguarda bar e ristornati che, nonostante il momento difficile, registrano un lieve calo ma comunque meno rispetto le aspettative. Secondo la ricerca a livello nazionale sono stati persi il 10% di ore lavorate, 160 miliardi di euro di PIL, 120 di consumi e molte imprese sono già chiuse. Il riflesso statistico (-240mila imprese perse causa Covid) si avrà nei prossimi trimestri, non subito (neppure nel primo quarto dell’anno). Tra il 2012 e il 2020 sono spariti 77mila negozi in sede fissa, con una riduzione del 14,0%. Per converso cresce dell’8,8% il numero di attività di alloggio e ristorazione. Se sparivano più rapidamente negozi fissi e ambulanti, le città attiravano turismo, relazioni, convivialità, ricreazione e cultura: i settori più colpiti dalla pandemia. Quindi se ieri il quadro era caratterizzato da meno commercio e più turismo, domani probabilmente sarà meno commercio e meno turismo con inediti problemi di equilibrio nella vita sociale dentro le città e in particolare dentro i centri storici.

Siena. Come già visto, nel 2020 c’è un calo di 17 attività di commercio al dettaglio nel centro rispetto al 2018 e di 7 attività fuori dal centro. Una diminuzione simile a quella registrata tra il 2012 e il 2018. 6 sono gli esercizi non specializzati che perdiamo in centro tra il 2020 e il 2018 e 4 fuori, 1 è l’esercizio di alimentari e bevande che ha chiuso in centro mentre 1 è cresciuto fuori dal centro. Sempre nello stesso spazio temporale, 1 tabacchi ha chiuso in centro e 1 ha aperto fuori dalle mura. Invariato il numero delle attività di autotrazione (zero in centro e 17 fuori). I negozi informatici sono cresciuti di 2 unità in centro mentre è diminuita di una unità fuori. Due sono gli esercizi persi per prodotti di uso domestico sia in centro che fuori. Cinque invece sono gli esercizi di articoli culturali chiusi in centro in questi due anni e 4 fuori dal centro, 7 sono gli esercizi che vendono altri prodotti nel centro e 4 fuori dal centro. In centro è stata aperta una nuova farmacia e 4 invece sono quelle aperte fuori. Una è l’attività di commercio ambulante chiusa in centro e nessuna invece fuori dal centro. Parlando infine di commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi o mercati ci sono 2 nuove imprese aperte fuori dal centro storico.

Per quanto riguarda alberghi, bar e ristoranti, 6 sono le attività in più arrivate in centro mentre rimane stabile fuori dal centro. Nel dettaglio, gli alberghi rimangono stabili in centro e crescono di 3 unità fuori, mentre 5 sono i bar e ristoranti in più nel centro che invece diminuiscono di 3 attività fuori dalle mura.

Come abbiamo visto a Siena, come ovunque, nei centri storici tiene bene la numerosità dei negozi di base come gli alimentari e quelli che, oltre a soddisfare bisogni primari svolgono nuove funzioni (ad esempio le tabaccherie, ormai punti di supporto alla gestione di tante esigenze anche finanziarie delle famiglie). Significativi sono anche i grandi cambiamenti legati alle modificazioni dei consumi: tecnologia e comunicazioni e farmacie. Sono i negozi dei beni tradizionali che si spostano nei centri commerciali e comunque fuori dai centri storici: mobili e ferramenta, giocattoli, vestiario, pompe di benzina. Chiaramente la pandemia acuisce questi trend. Per alberghi e pubblici esercizi, mentre ieri il tema centrale riguardava il rischio di città «solo per turisti», la questione ora è come immaginare un centro storico con meno negozi, meno mercati e meno attività legate al turismo.

I dati nazionali sui potenziali effetti della pandemia. Il commercio al dettaglio non specializzato è stimato diminuire del 12,9%, la vendita di carburanti del 14,8%, computer e telefonia del 4,2%, mobili e ferramenta dell’8,5%, libri e giocattoli del 12,8%, vestiario e calzature del 19,9%, gli ambulanti del 23,6%, gli alloggi del 12% e la ristorazione del 27,2%, con un totale sul commercio al dettaglio di un meno 17,1% e su alloggi e ristorazione di un meno 24,9%.