Cinelli Colombini: “Per le donne quote rosè”

Minerva, figlia di Giove, balzò in armi fuori dalla dolorante testa di lui. Alla nascita, armata di tutto punto, con elmo, asta e scudo, si presentò già adulta al padre, pronta a mostrargli come fosse disposta ad aiutarlo, sia con le armi, sia con la saggezza che le era propria. La dea fin dall’antichità simboleggia la sapienza ed è per questo che è stata scelta come emblema per il riconoscimento che porta il suo nome, il Premio Minerva. Nato nel 1983 è il primo del suo genere dedicato unicamente alle donne che operano nel campo del “Sapere”. Quest’anno il riconoscimento creato da Anna Maria Mammoliti è andato anche a Donatella Cinelli Colombini. Vignaiola senese, già assessore al turismo della città del Palio, la Cinelli Colombini è stata premiata per il suo impegno nella costituzione di due aziende vinicole interamente “al femminile”: il Casato Prime Donne e la Fattoria del Colle. Non solo, l’imprenditrice vinicola è stata l’autrice, a novembre, di una lettera aperta che ha inviato alle massime autorità regionali contro la chiusura del borsino del vino Buy Wine.

Come nasce l’idea di avere nello staff del Casato Prime Donne e nella Fattoria del Colle solo personale femminile?
Quando lasciai l’azienda di famiglia per creare un nuovo progetto i miei genitori mi dettero due proprietà da ristrutturare e una piccola quantità di Brunello 1993-4-5-6-7 ancora in botte per aiutarmi nei primi investimenti e iniziare la creazione di una rete commerciale. Come ben si può immaginare questo vino prestigioso ha bisogno di cure assidue e quindi io avevo bisogno di un cantiniere. Telefonai all’Istituto agrario di Siena chiedendo di segnalarmi un buon diplomato del corso di enologia e mi dissero che per avere uno dei loro migliori studenti bisognava aspettare anni perché andavano “prenotati”. Quando ritelefonai chiedendo «avete una cantiniera, cioè una brava enotecnico?» la risposta fu completamente diversa «ne abbiamo molte disponibili. Sono state ottime studentesse … ma le buone cantine non le vogliono». Questo avvene nel 1998 non nel 1898.

Per me fu come accendere la luce e vedere una discriminazione che c’era sempre stata ma era così “normale” così diffusa, così antica da risultare invisibile. Decisi di creare un progetto che dimostrasse che la produzione di grandi vini non ha bisogno di persone con grandi muscoli e che quindi la discriminazione contro le donne non aveva motivi di esistere nell’epoca delle pompe e dell’elettronica. A distanza di 17 anni posso dire che ci siamo riusciti. Il Casato Prime Donne ha un organico interamente femminile consulente enologa compresa (Valerie Lavigne), esporta in 34 Paesi esteri, ottiene punteggi altissimi con i suoi vini nella stampa internazionale più importante ed è riconosciuta come una bandiera delle pari opportunità fra le botti.

C’è differenza in vigna tra l’approccio femminile e quello maschile?
Le statistiche dicono che le donne sono più indirizzate verso i vitigni autoctoni e le scelte qualitative rispetto ai colleghi maschi

Recentemente ha ricevuto il premio Minerva per il contributo dato all’emancipazione femminile sul lavoro. E’ favorevole a una legislazione che istituisca delle quote rosa?
Sì, ma solo con provvedimenti a termine, giusto il tempo di rompere il tetto di cristallo. Le donne dirigono il 30% delle cantine italiane ma producono molto più del 30% del business del vino. Tuttavia sono meno del 10% nei luoghi dove vengono prese le decisioni. Far aumentare il numero delle donne nei CDA dei consorzi significa dare alle denominazioni persone di talento nel marketing e nella comunicazione, cioè nei punti dove il vino italiano è più debole e invece le donne sono più forti. Ho battezzato il progetto “quote rosè” e spero che produca anche un effetto up –down cioè riduca la disparità di genere nelle progressioni di carriera. Perché le donne sono tante ma salendo verso i vertici aziendali quasi spariscono.

A novembre ha scritto una lettera aperta al governatore Rossi e all’assessore all’agricoltura Remaschi sulla chiusura del borsino vinicolo Buy Wine. Secondo lei il mantenimento del borsino deve essere a carico della Regione o potrebbe essere finanziato in altro modo?
Il borsino è finanziato soprattutto dalle cantine partecipanti che pagano intorno a 720 € ciascuna, cioè il 44% in più dello scorso anno. Anche l’incoming dei buyer nei territori del vino è interamente a carico delle aziende e dei consorzi. La Regione paga solo il bus ma pasti, pernottamenti e degustazioni sono tutte finanziare dalle imprese.

Secondo lei c’è un rischio che si crei un conflitto tra grandi cantine e piccoli produttori?
Con la crescita della vendita del vino nei supermercati e attraverso l’e-commerce i brand delle denominazioni e delle cantine avranno sempre più importanza. Per questo le piccole cantine e le piccole denominazioni avranno sempre più difficoltà commerciali. Per questo bisogna attivarsi subito, finché i fondi OCM (finanziamenti per i produttori vinicoli) consentono una internazionalizzazione cofinanziata.

Perché ha scelto di personalizzare fortemente il Brunello “IOsonoDONATELLA”? E’ una precisa scelta di marketing o altro?
IOsonoDONATELLA sono davvero io, è lo specchio della mia vita e dei miei sogni: il mio passato di esperta in oreficeria medioevale e la mia radice senese che si vedono nell’anello con il sigillo in oro sulla bottiglia e nella tela di Pienza che decora la scatola. Il vino è quello che ho sempre sognato produrre: appagante e longevo armonico e strutturato. Viene dalle vigne che ho piantato io su argille di età geologica molto antica e che grazie dal global warming maturano con gradualità e in modo completo. Ho impiegato anni per capire qual era la botte perfetta e ora ne uso da 5-7 ettolitri fatte da artigiani che lavorano il rovere a mano. Insomma si tratta di un vino curato in ogni dettaglio. Una cura che continuerà e crescerà anche nel futuro. Ovviamente sarà possibile produrre questo grande Brunello solo in alcune annate, non sempre.

In un’era di global warming l’agricoltura può essere davvero uno sbocco lavorativo o c’è il rischio di intraprendere lavori che potrebbero finire a breve a causa dei cambiamenti climatici?
La viticultura nella zona dell’Orcia deriva dal global warming, prima le gelate primaverili distruggevano un raccolto su tre e il riscaldamento ha aumentato enormemente il potenziale qualitativo dei vigneti. Le prospettive occupazionali dunque cresceranno anche se in zone diverse da prima. Se 15 anni fa tutti cercavano zone calde adesso cercano microaree dove le maturazioni sono più graduali come quella dove si trova il Casato Prime Donne a Montalcino.

Emilio Mariotti