Caso pakistani a Siena, don Domenico Poeta racconta la “sua” accoglienza ma avverte: “Dobbiamo governare i flussi”

Un tetto ed un lavoro: in questo modo don Domenico Poeta ha provato a dare la sua risposta al caso pakistani a Siena, che da qualche mese a questa parte ha generato un vivo dibattito tra forze politiche, istituzioni del territorio e non solo. Nell’ultimo periodo la nostra città ha infatti dovuto fronteggiare l’arrivo di un numero consistente di esseri umani che si ritrovavano senza un tetto a sostare in aree pubbliche come parcheggi e zone verdi. Proprio quest’ultima criticità aveva spinto a luglio il sindaco Luigi De Mossi a firmare un’ordinanza anti-bivacco, provvedimento che vieta alle persone di bivaccare e sdraiarsi su suolo pubblico, panchine e aree giochi riservate ai bambini negli spazi pubblici.

Dal canto suo padre Domenico ha deciso di accogliere sei ragazzi pakistani nella casa parrocchiale di San Rocco a Pilli pur avvertendo che “dobbiamo evitare che il fenomeno diventi ingestibile e riuscire a governare i flussi”. Il prete, da anni in prima linea nella sfida dell’accoglienza dei migranti, in questo modo ha mostrato la sua strada, accettando la sfida posta dall’arrivo di un numero così consistente di esseri umani.  “Noi abbiamo fatto quello che potevamo – aggiunge padre Domenico – accogliendo sei ragazzi pakistani a San Rocco, che si sono aggiunti a due ragazzi di origine africana che erano già qui. Noi ci siamo accodati all’auspicio del cardinale Lojudice che si era già messo in moto ospitando 12 uomini nella foresteria del convento delle Clarisse ed 14 nella casa della Caritas alle Tolfe. È chiaro però che queste iniziative non risolvono definitivamente il problema, ma quantomeno riusciamo a tamponare e dare una mano concreta alle persone che hanno più bisogno”.

Don Domenico si occupa di questi fenomeni sin dai primi anni ’90 quando a Monticiano si trovò a fronteggiare i flussi migratori dall’Albania. “Queste persone – spiega il prelato in riferimento ai flussi migratori da Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka – arrivano direttamente da Trieste dove approdano dopo il lungo viaggio dai loro paesi di origine. Tendenzialmente si può dire che scelgono Siena grazie al tam-tam che arriva fino nei loro paesi. Nei loro paesi, infatti, arriva il messaggio che nella nostra città c’è possibilità di lavorare, ed in effetti queste persone hanno riempito un vuoto di posti di lavoro nelle cucine, nei campi, nelle cooperative sociali e nelle aziende”.

“Nell’ultimo periodo si è fatta molta confusione – insiste don Domenico – con i partiti si sono fronteggiati parlando di presunto decoro e facendo ordinanze. La realtà è che queste persone si trovavano a dormire in posti particolari, come la stazione o fuori porta San Marco, zone non adibite al pernottamento, per così dire. È assolutamente comprensibile che chi si trovi a passare di là durante la notte si impressioni e si spaventi, ed è inutile negarlo. In questo senso non posso non sottoscrivere il pensiero del nostro vescovo che si auspica che un giorno saremo in grado di governare questi flussi”. “La soluzione migliore – aggiunge – sarebbe riuscire a non creare concentrazioni altissime, che sono quelle che più intimoriscono, ma spalmare in piccoli gruppi di massimo 10 o 15 persone in più centri sparsi sul territorio. Dopodiché dovremmo riuscire a far passare, sfruttando il loro stesso tam-tam, il messaggio che Siena può ospitare solo un numero massimo di persone e che oltre quello non c’è più posto”.

Nella casa parrocchiale di San Rocco, inoltre, i ragazzi pakistani sono riusciti a trovare un impiego dando una mano all’associazione Kirikuci, sartoria migrante (di cui avevamo già parlato qui). “Da un po’ di tempo collaboriamo con l’associazione Linea d’ombra che opera su Trieste – racconta Andrea Searle, responsabile di Kirikuci – e che ci ha chiesto di aiutare questi ragazzi. Noi non abbiamo potuto fare altro che accogliere queste persone che oggi ci aiutano nel nostro lavoro. Nell’ultimo periodo poi abbiamo iniziato una collaborazione con “Pesci che volano”, azienda che lavora su Firenze, per cui noi realizziamo borse ed altri prodotti. Infine devo ringraziare la Misericordia di Tavernelle Val di Pesa per il loro aiuto”.

“Proprio per finanziare questi progetti – conclude la Searle – portiamo avanti iniziative come quelle del 5 novembre, dove festeggeremo la Fiesta de los muertos, celebrando una cultura diversa rispetto alle nostre (quella messicana). In questo modo riusciamo ad aiutare i ragazzi ospitati  dallla parrocchia nei loro bisogni”.

Emanuele Giorgi