“La continuità sul lavoro è un piccolo ritaglio di vita ordinaria, preziosa come l’aria buona”

Con i vostri messaggi e le vostre riflessioni continuate a raccontarci la vostra vita di ogni giorno. Stavolta riceviamo il pensiero di un operatore di call center, le vostre testimonianze che potete inviare al numero 3401640273  saranno quotidianamente pubblicate sul nostro giornale.”La stranezza delle sensazioni contrastanti. Sveglia, colazione, vestirsi, uscire, sentire la mattina. Metti in moto la macchina, arrivi al parcheggio. Poi l’ansia. I mezzi gestiti in equilibrio perché non puoi appoggiarti. Incontri i soliti in giro a quell’ora con il cane, tutto in un attimo torna normale, ma il bar all’angolo è buio. Timbri e si parte. Nella zona comune sembra di essere su uno scacchiere. Tutti fermi. Si muove uno, si scorre tutti. Il bagno a turno, fuori dalla porta come al campeggio, ti guardi e si, pensiamo quello che pensano tutti. Ti guardi in maniera differente, non c’è verso. Pulisci il tavolo, disinfetti la cuffia, ti scartavetri le mani. La macchinetta del caffè che è diventata una nemica perché quei tasti li tocchiamo tutti. Le telefonate, i soliti problemi, le solite domande. E sai che adesso una voce vale mille volte di più rispetto a qualche giorno fa. Il telefono all’improvviso non è più qualcosa di impersonale ma ti mette nella posizione di essere un contatto reale, perché come una tv, ad ogni squillo fai quello che non si può più fare, entri fisicamente in contatto con qualcuno. E magari più di sempre, sei un ancora per chi è solo. Si allena ancora di più la pazienza, la comprensione, ci sono momenti in cui non basta solo la professionalità, ma ci devi mettere un poco di cuore in più. E le finestre spalancate, la pausa, una sigaretta fumata al sole, le ore che passano e magari due strullate qualcuno le dice, una risata prorompe e per dieci minuti è se fosse tutto normale. Nonostante la paura, ci pensi che la continuità sul lavoro adesso è un piccolo ritaglio di vita ordinaria, preziosa come l’aria buona. Alla fine della giornata, mentre i mezzi si ritrasformano in un ponte tibetano e fai il conto dei rischi che hai corso e delle volte che ti sei disinfettato le mani, ti avvii alla macchina, non ci sono i bambini a suonare il tamburo, il cielo è rosa e domani è un altro giorno“.