Amarcord: Piazza del Campo

Sì, così per come recita, l’insegna è una simpatica paraculata: Piazza del Campo; un nuovo locale (ormai questa è zona mangia-e-bevi al 99,9% del perimetro) del prestigioso brand fiorentino “Scudieri” che scrive, oltre al nome, “Siena 1939”. Niente di scorretto: Scudieri esiste dal 1939 e ora ha aperto anche a Siena. 

Qualcuno però c’è rimasto male: sembra – si è detto – che l’azienda ci sia, in città, da prima della guerra.

Evvabbeh: che sarà mai. Non si è mancato di rispetto a nessuno, però è curiosa questa gelosa reazione locale, quasi come se l’insegna stessa fosse stata interpretata come un’appropriazione di memoria storica. In realtà non c’è da infastidirsi di nulla; magari, questo sì, varrà la pena riflettere su come è cambiata la faccia della Piazza dal punto di vista dell’equilibrio abitativo/commerciale e locale/turistico. Oggi ci sono solo due civici adibiti ad abitazioni private. Per il resto, a parte gli uffici comunali, una banca, un negozio di vestiario e una farmacia, ci sono solo esercizi commerciali destinati alla ristorazione, ai prodotti tipici, ai souvenir (uno di quest’ultimi è anche tabaccheria). Più un infopoint per turisti. 

E qui vado controcorrente: non ho capito e continuo a non comprendere la gran cagnara che è stata fatta quando ha aperto un supermercato, ancorché con caratteristiche ibride di ristorazione. Se ci si pensa bene è, insieme ai pochi altri sopra ricordati, che le dita di una mano avanzano per contarli, uno dei pochissimi esempi di esercizio rivolto anche alla popolazione locale e non esclusivamente ai turisti. Ultime sparute vestigia di una Piazza del Campo nella quale i senesi si recavano per fare spese per la loro quotidianità. Non c’è bisogno di andare a cercare le foto di fine Ottocento e inizio Novecento, quando le botteghe che vi si aprivano vendevano – si capisce dalle immagini – di tutto, come qualsiasi altra bottega di quartiere; se si prescinde dal troppo remoto e si rimane a una Siena di cinquanta/sessant’anni fa, la memoria rimanda l’immagine di una Piazza  che era già  diventata la “vetrina di lusso”, ma ancora per attività rivolte ai cittadini: calzature, abiti, stoffe, oggetti per la casa (il mitico Mancini). C’era perfino un negozio di uccelli e prodotti per gli animali. Qualche bar e qualche ristorante, ma “qualche” e per niente invasivi, tutt’al più con una pudica fila di tavolini davanti in estate e finita lì.

Poi è arrivato il turismo. E il turismo è una risorsa e ha portato un sacco di soldini ai senesi. Ma lo sfruttamento delle risorse non è gratis: ha un prezzo. E il prezzo (a Siena come altrove) è stato quello di trasformare il suo spazio-simbolo in un’area a marcata dimensione di turista. Inevitabile? Forse no, ma la domanda deve essere un’altra: reversibile? Posso essere onestamente sincero? La risposta è, a mio parere: indiscutibilmente, ormai no. 

Consoliamoci cantando la bellezza della verbena che nasce in Piazza del Campo , che verbena nemmeno è, ma non importa.

Duccio Balestracci