A Siena il master per aiutare chi subisce violenze. Coluccia: “La cultura è il deterrente per proteggere le vittime”

“Un contributo per dimostrare quanto sia fondamentale e preziosa la specializzazione nella formazione degli operatori”, in modo da “fare un salto di qualità e leggere correttamente la violenza battendo gli stereotipi che vivono nelle aule di giustizia, ma non solo: anche dal vicino di casa, al pronto soccorso, dal medici di base”.

A dirlo è la senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio del Senato, ed ospite dell’inaugurazione delle nuove lezioni del master “Il codice rosa” organizzato dall’Università di Siena al centro didattico delle Scotte. Le lezioni vogliono approfondire sia le tematiche relative alle violenze e ai maltrattamenti contro donne, minori, anziani, omosessuali, immigrati, sia le strategie di intervento del percorso socio-assistenziale con un approccio gender sensitive del modello Codice Rosa. Particolare attenzione è dedicata alle tematiche giuridico-forensi ed epidemiologico-statistiche.

“Dobbiamo superare le impostazioni di carattere culturale stereotipate. E capire che la violenza è sinonimo di un’asimmetria di potere ancora drammaticamente esistente in Italia tra uomini e donne”, aggiunge Valente che poi è tornata a parlare anche sui recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto il nostro territorio: “Il fenomeno delle babygang attiene alle dinamiche sociali dei nostri tempi. Ed è dovuto al mancato investimento nelle relazioni con i nostri ragazzi”.

A presentare il master, giunto alla quarta edizione, è la sua direttrice Anna Coluccia. “Perché è importante? Perché si sofferma sul valore della cultura come deterrente alla violenza”. Durante il lockdown, spiega, “c’è stato un incremento della violenza domestica. Per fortuna abbiamo avuto la rete territoriale e le forze dell’ordine hanno fatto un lavoro straordinario. Sempre di più, nelle forze dell’ordine e nella magistratura, ci sono esperti su queste tematiche. Tematiche che vanno affrontate non in termini emotivi, ma tecnicamente e con la professionalità”.

“Il codice rosa” nasce dalla convenzione tra Aou, Asl e Università e riprende l’esperienza positiva dell’Usl 9 di Grosseto di cui Vittoria Doretti è stata deus ex-machina. La durata del master è di 12 mesi. La segreteria scientifica e didattica è a cura delle dottoresse Gaetana Cutuli e Caterina Forestieri. È previsto lo svolgimento di stage alle strutture che applicano il percorso socio-assistenziale di Codice Rosa.

Per l’ateneo e per l’ospedale di Siena erano presenti alla prima lezione Francesco Frati e Antonio Barretta. “Siamo convinti che le piaghe nella nostra società si chiamino femminicidio, violenza e sopraffazione degli uomini contro le donne. Crediamo che queste debbano essere fermate con ogni strumento. A noi spetta il compito di esplorare le risorse della formazione e degli aspetti psicologici dietro questo fenomeno. Ecco perché è così importante sviluppare progetti didattici come questo”, ha detto il primo. Gli ha fatto eco il dg delle Scotte che ha ribadito che gli atenei “devono formare i professionisti anche in questo ambito”

“Il master metterà in evidenza un aspetto fondamentale: quello della collaborazione strategica tra piano sanitario e giudiziario che è essenziale nelle vicende che riguardano la tutela delle fasce più deboli”, spiega Nicola Marini, procuratore facente funzione al Tribunale di Siena.  Il fenomeno della violenza tra minori “non è parallelo a quello della violenza sulle donne. Ma non è nemmeno disgiunto, perché trova un punto focalizzante nell’educazione e nel rispetto degli altri. Gli ultimi episodi di violenza hanno uno caratteristica in più che è sfuggente: non c’è un movente passionale o economico, ma solo il movente dell’io, del volere essere più forte”, prosegue

“Crediamo che sia fondamentale non mollare la presa sui giovani, facendo loro capire la necessità del rispetto della donna”, afferma invece la Pm Silvia Benetti.  “Agire prima fa la differenza. Vediamo solo la punta di un iceberg di un fenomeno molto più ampio. I casi che arrivano alla ribalta dell’autorità giudiziaria sono casi dove la situazione è degenerata. Con i giovani, partendo dalle scuole, bisogna far capire e formare”.