Monoclonali anti-covid, Rappuoli: “In due mesi cureremo i pazienti a casa, a luglio i farmaci di Tls”

“Gli anticorpi monoclonali se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio se entro i primi 4-5 giorni, permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di evitare la forma più grave”. E’ un parere univoco quello degli infettivologi che hanno partecipato all’instant webinar di Motore Sanità dal sugli anticorpi monoclonali contro il covid.

Tra gli ospiti presenti al webinar anche Rino Rappuoli, coordinatore scientifico Mad Lab, di Toscana Life Sciences. Rappuoli ha annunciato: “sta proseguendo la sperimentazione scientifica su monoclonali di seconda generazione quindi più potenti, somministrabili per via intramuscolo quindi al domicilio del paziente”.  E sugli anticorpi di Tls “stiamo pensando di entrare nella fase clinica 2 e 3 e speriamo di potere mettere a disposizione queste terapie entro luglio”. L’obiettivo dei ricercatori è quello di “avere dei monoclonali che siano disponibili a pazienti non solo ad altissimo rischio infettivo ma anche per quelli che vogliono guarire velocemente, e che siano a prezzi accessibili e usabili sul territorio. È diventato molto importante non tanto avere un cocktail di monoclonali ma avere il monoclonale giusto e più sensibile alle varianti – ha proseguito Rappuoli -: il nostro anticorpo monoclonale risponde a questi requisiti. Proveremo ad utilizzarlo anche dove altri monoclonali hanno fallito, che sono i casi di pazienti gravi”.

Tra gli ospiti era presente anche Matteo Bassetti, direttore UO Clinica malattie infettive del policlinico San Martino di Genova. “Gli anticorpi monoclonali se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio se entro i primi 4-5 giorni permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di evitare la forma più grave- afferma-. In Liguria circa 200 persone sono state trattate così senza nessun decesso. Si tratta di una “cura efficace” contro il virus. Peccato che in Italia non sia ancora sfruttata al massimo in tutte le regioni. Occorre che si intraprendano ovunque protocolli di collaborazione tra ospedale e territorio per consentire il loro utilizzo nelle prime fasi dell’infezione”, conclude