Nomina di De Pasquale all’Archivio di stato, Montanari protesta e si dimette dal Consiglio dei beni culturali

Tommaso Montanari, ad ottobre nuovo rettore dell’Università per stranieri di Siena, è finito al centro della polemica politica. La causa? La nomina, fatta dal ministro della Cultura Dario Franceschini, di Andrea De Pasquale alla guida dell’Archivio centrale dello stato.

Un atto quello, quello di Franceschini, a cui Montanari ha reagito dimettendosi dal Consiglio superiore dei beni culturali. “Mi sono dimesso per denunciare l’arroganza” del ministro Franceschini, ha così twittato Montanari che poi ha definito “apologeta di Rauti” (Pino Rauti, defunto ex-segretario del Msi ndr.) De Pasquale. Su Il Fatto Quotidiano, in un articolo dove spiegava le sue dimissioni, lo storico d’arte ha rincarato la dose. “Affidare l’Archivio centrale a un non archivista che si è prestato a una aggressiva campagna neofascista significa privare quel cruciale istituto di ogni autorevolezza scientifica”, ha scritto.

E sempre sul tema alcune sue parole hanno infiammato gli animi della politica locale. “Non si può nascondere che alcune battaglie revisioniste siano state vinte, grazie alla debolezza politica e culturale dei vertici della Repubblica. La legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo (delle Foibe) a ridosso e in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah) rappresenta il più clamoroso successo di questa falsificazione storica”.

Così ha scritto Montanari scatenando la rabbia di FdI Siena. “Il neo rettore ancora si deve insediare in Ateneo e già si lancia in considerazioni gravi, poco “accademiche” e non in linea con l’incarico prestigioso chiamato a svolgere a Siena. Caro Montanari, la Città dove verrai a fare il rettore ricorda ogni anno i martiri delle Foibe e da poco ha intitolato un parco pubblico alla memoria di Norma Cossetto, studentessa italiana violentata e gettata in una foiba ed insignita con la medaglia d’oro al merito civile, come luminosa testimonianza di coraggio e amor patrio”, si legge sui canali social del partito.