Nicoló, Duccio e il senso delle cose: Monteriggioni, riscoprire la prossimità

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

Erano loro le protagoniste indiscusse dei nostri sogni, ormai da più di un anno. Le abbiamo sognate, bramate, cucendo con la fantasia splendidi ricami su ordinari lembi di tempo domenicali. Sì, parlo di loro: le gite fuori porta della domenica. Le conseguenze di pranzi in famiglia ingolfati da noia e cibo, che ci facevano premere sul vocale whatsapp di qualche amico e mettere in moto la macchina. Trasportati dal tedio e dall’acquolina in bocca di un gelato fuori dalle mura, partivamo.

Adesso che sono tornate realtà, non le governa più il caso ma una una necessità ben concordata: oggi andiamo a Monteriggioni, è stabilito. Dopo un anno e mezzo chiusi in camera, i quindici minuti di autostrada li viviamo come un lungo viaggio. L’auto nel parcheggio, saliamo con la stessa voglia di gelato fino a Piazza Roma. Mi accorgo che i turisti sono differenti dal solito: mancano le macchine fotografiche giganti dei giapponesi, i sandali nordici indossati con le calze che a confronto facevano apparire dignitosa qualunque nostra calzatura. In mezzo all’omogeneità di turisti italiani della piazza, spicca un look particolare: canottiera macchiata di sudore, pantaloncini corti, uno zaino più grande di lui sulle spalle e una mappa cartacea fra le mani. Dico ai miei amici che vado a vedere la Chiesa di Santa Maria Assunta, mi alzo dal tavolino. Il busto e i piedi rivolti alla facciata di travertino dorato, osservo lo strano tipo con la coda dell’occhio.

Quando fra due individui vi è un qualche tipo di attrazione, ho sempre pensato, è inevitabile che succeda qualcosa che li avvicini.
Mi porge un mazzo di chiavi da terra: “It’s yours?”
Annuisco con il mio inglese impacciato.
Mi racconta che sta facendo la via Francigena. E’ partito da Canterbury, dove è posta la pietra che indica il Km 0 dell’itinerario. Ha attraversato la Francia per poi passare il Piemonte, la Lombardia e La Liguria. In Toscana adesso intravede la destinazione; ancora qualche passo verso Roma e poi i suoi piedi avranno riposo.

Lo invito a sedersi con noi, ordino anche per lui un gelato che mangia con foga. Continua a parlare, credo ci stia raccontando di avventure sul percorso. Io intanto penso a quanto il viaggio sia relativo: prima del Covid, anche io volevo girare il mondo. Il troppo vicino mi circondava, vi ero immerso, senza che per me acquistasse davvero interesse. Adesso, invece, visitare i paesi limitrofi è un regalo che alla domenica non vedo l’ora di scartare. Ha il sapore del piatto in famiglia, lo stesso ma rinnovato ogni fine settimana.

Svegliati da quest’anno, il “già vissuto” ha perso le squame e cambiato pelle; il velo di scontatezza, impedimento alla meraviglia, è volato via. Siamo stati al buio, sì, per un anno e mezzo: le palpebre adesso lentamente si sollevano, gli occhi sono pronti per affacciarsi su ciò che credevamo di aver già visto.

Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci