La tragedia che colpisce le donne è un problema culturale che solo la riscoperta dei valori potrà arginare

Il femminicidio, spesso commesso da partner o ex, è diventato un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante nella Società contemporanea. Questo drammatico problema richiede una comprensione approfondita delle dinamiche psicologiche che possono portare a comportamenti così scelerati.

Esplorare questi reati da una prospettiva psicologica può aiutare a gettare luce sulle tante tragedie che leggiamo nelle cronache e può aiutare ad adottare misure preventive. Molteplici fattori possono contribuire alla crescita di atteggiamenti e comportamenti che, in casi estremi, possono sfociare nell’omicidio. La dinamica di potere e controllo è un elemento chiave nell’analisi di questi omicidi.

Spesso, i perpetratori cercano di esercitare il controllo totale sulla propria partner attraverso vari mezzi, compresa la violenza fisica, emotiva e sessuale. Questa forma di controllo può essere alimentata da una combinazione di fattori come insicurezza, gelosia, paura dell’abbandono e problemi di autostima. Alcuni individui cercano di compensare la loro mancanza di controllo in altre aree della loro vita sfruttando il potere che ritengono di avere all’interno della relazione. L’abuso psicologico, che può includere minacce, isolamento sociale, umiliazioni e manipolazioni, gioca un ruolo cruciale nella subordinazione delle donne e nel perpetuare la violenza stessa.

Gli aggressori spesso cercano di distruggere la fiducia e l’autostima delle loro vittime, rendendo loro difficile o impossibile trovare una via di fuga dalla relazione. Questo abuso può anche contribuire a instillare nella mente delle vittime una paura costante e una sensazione di impotenza, rendendo difficile per loro chiedere aiuto o prendere decisioni in autonomia. Tra i fattori che contribuiscono alla messa in atto di questi crimini, troviamo il processo di de-umanizzazione, ormai da tempo in atto, complice l’assenza dei valori e la dilagante digitalizzazione delle nostre vite. Questo processo rende possibile qualsiasi tipo di violenza, anche la più atroce.

De-umanizzare porta a pensare l’altro essere umano non come un essere umano, ma come un oggetto, sul quale è possibile, in quanto oggetto, perpetrare qualunque tipo di violenza. Più digitalizziamo le nostre vite e i nostri rapporti, meno riusciamo a sintonizzarci emotivamente con chi abbiamo di fronte, più il genere umano rischia di de-umanizzarsi. Qualcuno ha definito tutto questo: analfabetismo emotivo.

Le persone, più sono connesse alla rete, meno riescono a comunicare tra di loro, più si sentono sole. Ciò toglie senso all’esistenza e vanifica i valori. Siamo di fronte, usando le parole di Papa Francesco, ad una catastrofe educativa. Perché parlo di educazione? Perché la violenza, compresa quella di genere, non è appannaggio di qualche folle, ma è un problema culturale, educativo, da affrontare fin dalla scuola primaria.

Senza un’educazione ispirata a valori e volta alla creazione di senso, i valori supremi perdono il loro valore e la violenza dilaga. Il fenomeno del femminicidio rappresenta una grave violazione dei diritti umani e una drammatica conseguenza della caduta dei valori.

L’analisi psicologica di questo fenomeno evidenzia come la violenza contro le donne sia una questione complessa e multiforme, con radici profonde nella società e nei processi psicologici individuali. Solo attraverso un impegno collettivo, che coinvolga istituzioni, comunità e individui, possiamo sperare di porre fine a questa tragica realtà e creare un futuro in cui ogni donna possa vivere in sicurezza, rispetto e dignità.

Dott. Jacopo Grisolaghi – psicologo e psicoterapeuta ufficiale del Centro di Terapia Strategica – www.jacopogrisolaghi.com