Mors tua vita Pea: canticchiando “Eppure il vento soffia ancora…”

mors tua vita ...pea

di Claudio Pea

 

Adesso che la città delle contrade è al settimo cielo, sei scudetti di fila e i coriandoli tricolori che s’infilano nel cespuglio di capelli di Stonerook rimanendo impigliati in eterno nella memoria dei senesi, ora che il pericolo è scappato e non dovrò farmi Frates, né chiudermi in un convento di clausura, adesso che tutti riscoprono l’acqua calda e saltano sul carro dei vincitori riconoscendo che Messer Minucci è sempre il migliore e che (forse) non mi sbagliavo quando dicevo che il suo cavaliere è nato in una grotta a Betlemme allattato dalla Lupa, ora fatemi pure tutte le domande che volete, vi risponderò per le rime. Ma prima lasciatemi cantare la canzone che scrisse Pierangelo Bertoli e che ieri sera Luca Banchi ha riproposto sulla lavagnetta degli schemi suggeritagli – credo – dallo stesso Simone.

Dura mezzo minuto, anche meno: “Eppure il vento soffia ancora, spruzza l’acqua le navi sulla prora, sussurra canzoni tra le foglie e bacia i fiori: li bacia e non li coglie”. E ancora: “Eppure sfiora le campagne, accarezza sui fianchi le montagne e scompiglia le donne tra i capelli come a gara in volo con gli uccelli”. Ditemi: non è meravigliosa? Io la canto da ieri notte in Piazza del Campo. Dove non ho sentito un coro contro Milano e non chiedetemi cosa ho mangiato: forse prosciutto con il melone, ma pensavo ad altro. Pensavo a Pierangelo Bertoli, comunista vero e canzoniere del Vento Rosso, “lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.

Pensavo che Pianigiani non aveva ancora dieci anni quando il sassolese, poliomielitico dall’infanzia, compose questa canzone che profuma di libertà e di ribellione. Eppure se la ricorda molto bene. Pensavo che l’ironia è sempre l’arma migliore per rispondere a chi, andando incontro alla primavera dei playoff, volle far credere al Belpaese della palla nel cestino che era girato il vento e che la Montepaschi aveva finito di vivere e di vincere. Pensavo che Don Gel ha sbagliato di nuovo strategia svegliando il can che dormiva e che si leccava le ferite per qualche scelta sbagliata (Summers e Rakocevic) e qualche infortunio di troppo. Pensavo a quel che ho sempre pensato e cioè che cinquemila mascherine per proteggere bocca e naso dall’aria rancida delle finali sarebbero state un bel tocco di gran classe e avrebbero fatto senz’altro maggior rumore di cinquemila trombette spacca timpani, ma i senesi son fatti così: sono focosi, a volte grossolani, e per questo li adoro.

Pensavo che il mio amato (ex) cittì, Sandro Gamba, ha sbagliato in pieno pronostico: aveva detto 4-2 per l’Armani e l’Armani ha vinto una partita per sbaglio e non vi racconto neanche come perché sono i vinti e mai i vincitori a parlar male degli arbitri e del sistema. Però almeno lui si è sbilanciato, mentre Peterson ha fatto il pesce in barile e allora mi è venuta da pensare un’altra cosa mentre la torre dell’orologio segnava le tre di notte e ho lasciato Minucci e Pianigiani che ancora a tavola si gustavano l’ultima (?) memorabile impresa insieme: sei scudetti di fila, mica noccioline.

E cioè che l’anno scorso Din Don Dan è uscito in semifinale con Cantù perché gli è mancato il coraggio d’affrontare di petto le cose cominciando col mandare a quel paese la Banda Osiris che da almeno quattro lustri andava dicendo che era uno “scancellato” da far paura. Pensavo che in fondo la Rai ha fatto un discreto lavoro e che Dembinsky, o come cavolo si chiama, se non fosse così tifoso di Milano sarebbe tre volte più bravo di Laurito che all’Eurodeliri del pallone fa domande chilometri di quasi un minuto e concede a Varriale solo cinque secondi per la risposta “perché devo mandare la pubblicità”. Pensavo a tante cose. Per esempio a quello striscione che merita un bel dieci e lode: “E A 7 ci siamo arrivati!”. Serve una spiegazione? Non credo. Pensavo con la morte nel cuore che il mio Nazareno dovrebbe lasciare la Mens Sana da imbattuto e da imbattibile. E che un anno sabatico (nazionale a parte) gli farebbe comunque bene, ma i turchi del Fenerbahce lo vogliono e a quattrini stanno meglio loro di noi. Pensavo che il prossimo anno Luca Banchi, per il quale prima o poi m’inventerò un soprannome carino, porterà di nuovo Siena in finale contro Milano. E pure a lui l’appetito verrà mangiando. Pensavo che intanto non ho risposto a nessuna vostra domanda. Una su tutte: se ne andranno il capitano e con lui McCalebb e Andersen, oltre a Bootsy Thornton? Vi dirò la verità: la mia festa in Piazza del Campo non è finita e voglio ancora godermela sino in fondo. Domani è un altro giorno e si vedrà. Tanto più che al futuro Messer Minucci ci sta pensando da mesi e di lui i senesi si fidano ormai ad occhi chiusi. Una notizia soltanto prima che me la brucino: gira voce, non escludo falsa e tendenziosa, che GasGas Trinchieri ha ricevuto proposte dal Panathinaikos e che Milano avrebbe bussato alla porta di Obradovic. No, Don Gel, non ci lasciare. Come in “Riusciranno i nostri eroi…” di Ettore Scola. E Nino Manfredi si tuffò in mare. Mentre penso ad un’altra cosa: “Eppure soffia” sarà la mia canzone dell’estate.