Santa Maria della Scala, Piccini a Cresti: “Con un atto di discontinuità puoi rimediare a questa situazione”

Lucia Cresti, presidente della Fondazione Santa Maria della Scala, “potrebbe pensare ad un vero atto di discontinuità che possa permettere di riavviare correttamente le varie procedure e riportarle su dei binari più confacenti alle aspettative che i vari soggetti si attendono per una grande operazione locale e allo stesso tempo internazionale”.

Lo scrive il consigliere di Per Siena Pierluigi Piccini in una riflessione pubblicata sul suo sito dove prende atto che la situazione che riguarda il museo senese “si è aggrovigliata ed è molto lontana dalle dichiarazioni e dalle volontà che ci hanno accompagnato in tutti questi mesi”.

Le motivazioni? Per Piccini sono diverse, “ma tutte denunciano una certa approssimazione nella gestione delle varie fasi di avvio-chiarisce-, a partire dalla più delicata e importante: la presa in carico da parte della Fondazione Santa Maria della Scala dell’antico Ospedale di Siena. Approssimazione che ha creato un serio imbarazzo in città e alle diverse comunità che ruotano intorno alla vicenda a vario titolo e a livello: “locale(i), nazionale(i) ed internazionale(i), fino (al)le formazioni sociali e… (ai) singoli cittadini”. Approssimazione non sempre determinata dai singoli soggetti chiamati in causa, anche perché spesso non hanno le competenze per capire come dovrebbero girare correttamente gli atti amministrativi”.

Sulla neonata Fondazione l’ex-sindaco evidenzia “che la stragrande maggioranza delle nomine, se non tutte, fin qui fatte abbiano avuto più una matrice politica che di merito”. Metodi che per Piccini aprono seri dubbi “anche sul bando in gestazione per l’individuazione del direttore generale”.

Due situazioni  che “richiederebbero una puntuale riflessione e un’assunzione di responsabilità da parte dei partiti, dei movimenti e di singoli soggetti istituzionali”, è il monito del consigliere d’opposizione. “Se ciò non dovesse avvenire-conclude-, come non avverrà, allora il rischio è il solito a cui siamo abituati: prendere tempo, scaricare le colpe su altri, fare ammuina perché passi la nottata, tanto poi tutto cade nel dimenticatoio”.