La giovinezza della Befana

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Ieri è passata la Befana, che ha chiuso, con i l suo carbone e le sue caramelle, il periodo delle feste natalizie. Lorenzo Santoni e Selene Bisi si immaginano la vita di questa figura tanto simpatica, quanto misteriosa, delle nostre tradizioni.

È arrivata. Cavalcando una scopa di saggina al contrario, con le calze sdrucite e le tasche piene di carbone. Porta i segni del tempo, ha qualche acciacco, ma continua la sua missione millenaria come se niente fosse, ancora alla ricerca del perdono divino per aver disertato il battesimo di Gesù. Al confine tra Bene e Male, una strega buona che porta i dolci solo ai bambini che se li meritano.
E proprio loro, candidamente, chiedono: “ma la Befana… è la moglie di Babbo Natale?”. I grandi sorridono, magari rispondono con un “no” oppure “non so”, e finisce lì. Ma per i bambini non basta. La loro fantasia pretende una storia vera e propria, e continuano a pensarci. Io, che sono un po’ più cresciutello e mi sto avvicinando all’altro “schieramento”, voglio comunque cimentarmi in questa sfida narrativa, anche se temo che sarò un po’ VM14.

Anche la Befana dev’esser stata giovane, un tempo. Come una nonna, che l’abbiamo sempre vista in là con gli anni, ci rimane difficile pensarla ragazza. Me la immagino mora e slanciata, con un vestito di chiffon ed un’elaborata capigliatura sormontata da un cappellino. La vedo modista in una piccola boutique degli Anni ’30 di via dei Condotti, specializzata in calze di seta. È corteggiata da uno stuolo di uomini, che passano dal suo negozio, magari comprando qualcosa alle proprie mogli solo per avere una scusa per parlarci.

Forse sarà andata in vacanza in qualche capitale europea, ed avrà incontrato per caso un aitante biondo straniero, rimanendone stregata. Un giovane boscaiolo finlandese. Si saranno dati appuntamento in una stanza d’albergo, senza dirsi niente del proprio passato e tacendo il proprio nome, godendosi solo il momento presente, come in Ultimo tango a Parigi. Piacere dei sensi, gioia del corpo e niente più. Magari il giovane Claus era pure esperto di corde e di nodi, con i quali legava i tronchi degli alberi che abbatteva, ed avrà provato qualche trucco alla Christian Grey, ma sono solo ipotesi.

Poi, come le cose più belle, l’idillio è finito, i due amanti sconosciuti sono dovuti tornare alla banale vita di tutti i giorni. Il bel finlandese ha trovato lavoro in Lapponia, alla corte degli elfi, ed ha sostituito le corde con i nastri dei pacchi-regalo, imparando a guidare la slitta volante. È ingrassato, per colpa di tutti i biscotti che ha trangugiato, ma non ha mai sofferto di solitudine grazie ai suoi aiutanti. Invece la Befana non ha retto il colpo: ha lasciato il suo negozio, non ha sposato nessuno, è andata a vivere in una miniera abbandonata ed ha iniziato a riempire le calze rimaste invendute con i dolci e carbone.

Ma anche se è invecchiata, imbruttita ed inacidita, noi gli vogliamo sempre bene, come se fosse la nostra nonna, e l’aspettiamo impazienti ogni anno, che passa pure per noi.

Lorenzo Santoni

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E se avesse ragione Lorenzo? Eccola la Befana, una signora attempata che aspetta la pensione, sempre paragonata a Babbo Natale che indossa abiti tanto scintillanti che neanche la Santanchè oserebbe tanto, mentre lei continua ad avere le scarpe tutte rotte, da sempre.

Una donna che ha smesso di prendersi cura di sé, tanto da essere emblema di bruttezza e, peggio che mai, di fine delle festività. La Befana è il ritorno alla realtà, alla quotidianità.

E la quotidianità è popolata di befane che si danno un gran da fare sul lavoro eppure i capi finiscono sempre per promuovere Babbo Natale, di befane che non sono invecchiate troppo bene perché hanno sacrificato il proprio tempo sempre per qualcun altro. Ma è fatta anche di befane che sono in forma, che si sono ritagliate, tra famiglia e lavoro, tempo per sé. Eppure spesso si svegliano la mattina e si trovano un nuovo difetto. Si scrutano allo specchio come maligni giudici del più spietato concorso di bellezza, sempre pronte a valutarsi come i selezionatori del personale più arroganti, sempre pronte a darsi un voto.

Perché non importa quanti anni abbiamo, che lavoro facciamo, quanto siamo brave a scuola, se siamo belle o meno belle, se indossiamo scarpe rotte o Manolo Blahnik, capita a tutte di sentirsi delle befane, almeno una volta.

Ed è allora un po’ alle donne che si sentono così che mi piace pensare appartenga l’aspetto più pagano di questa festa. Auguri befane, siete bellissime!

Selene Bisi