Il Santa Maria della Scala e la sua ubicazione attuale

Santa Maria della Scala

Si è già avuto modo di dire che il primo nucleo dell’ospedale di Santa Maria fu spostato sul versante occidentale del poggio del Duomo, di fronte alla scalinata, intorno alla fine del XII secolo, dove era già ubicato nel 1186.

Questo spostamento non avvenne in un momento casuale, ma al culmine di un processo di notevole cambiamento della realtà socio-economica senese, cui si accompagnarono una significativa crescita demografica e urbanistica, nonché un forte mutamento politico-istituzionale dell’ente stesso.

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Ad una città che tendeva ad uscire dall’angusto guscio della civitas altomedievale, espandendosi rapidamente verso le valli e i borghi addensati lungo la Francigena, si sommò un mutato assetto viario e una diversa configurazione di tutta l’area della Cattedrale. Un luogo fino allora “chiuso” e fortificato, che non a caso i documenti del secolo XI, e fino alla metà del successivo, definiscono come “castellum Sancte Marie”, cominciò ad “aprirsi”, fino ad ospitare edifici adibiti a scopi non cultuali e assistenziali ma anche di pubblica rappresentanza. Per di più inserito nei nuovi percorsi viari della città, che lo collegarono specie ad oriente con l’area dell’attuale piazza Indipendenza, Diacceto, porta Salaria e il Campo.

La diversa dislocazione dello xenodochium, dunque, potrebbe coincidere con il generale rimodellamento del quartiere ecclesiastico; il colle di Santa Maria fu trasformato per secoli in un colossale cantiere, che prevedeva in primis un notevole ampliamento della chiesa vescovile con la costruzione ex novo del transetto e del coro verso San Giovanni. Ma lo stesso edificio ospedaliero aveva necessità di reperire nuovi spazi, essendo cresciuto in prestigio, patrimonio e funzioni, elemento che senz’altro rappresentò un ulteriore incentivo a traslarne la posizione.

Va detto, intanto, che in quegli anni si cominciò ad attribuire al povero un ruolo peculiare nella società e nell’economia della salute, identificandolo nella persona del Cristo; fu allora che si verificò la cosiddetta “rivoluzione della carità” (1130-1260).

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In un contesto del genere, quindi, è verosimile che nel progetto di ristrutturazione dell’area sia stata prevista anche la realizzazione di una nuova struttura adibita esclusivamente ad una funzione caritativa e assistenziale, che ormai non poteva più essere relegata in un’angusta porzione del complesso vescovile. Anzi doveva assumere una propria identità e una precisa riconoscibilità in quanto segno tangibile della carità prestata dai canonici, visibile a chiunque si fosse recato nella chiesa maggiore di Siena. Questo spiegherebbe perché fu scelto un punto di confluenza (la piazza antistante all’ingresso principale della Cattedrale in fase di costruzione) perfettamente integrato nel polo ecclesiastico.

Ovviamente la natura e la funzione dell’ente inducevano a scegliere una localizzazione che rispondesse anche ad esigenze di tipo pratico, quali, ad esempio, l’essere agevolmente accessibile per cittadini e viaggiatori, avere una buona esposizione alla luce e all’aria (ossia un sito soleggiato, aperto, ventoso), avere la possibilità di evacuare i rifiuti in maniera comoda, senza arrecare troppo danno al quartiere e, soprattutto, avere spazi circostanti per espandere le proprie strutture. Quest’ultima necessità, in particolare, veniva pienamente soddisfatta dalla nuova localizzazione, visto che alla fine del XII secolo, e fino alla metà del successivo, la sommità del versante sud occidentale del poggio, dove si articolerà l’ospedale, era caratterizzata dall’assenza di strutture edilizie e dalla presenza di aree vuote.

Il nuovo e più grande ospedale senese che si stava costituendo, insomma, rispose alle stesse esigenze di quelli, ad esempio, di Parigi o Amiens; e l’estrema attenzione con cui fu realizzato lo dimostrano, a secoli di distanza, i pozzi di butto, vere e proprie discariche a cielo aperto, da cui provengono buona parte dei reperti archeologici oggi rinvenuti all’interno del complesso, correttamente collocati proprio sul versante del Fosso di Sant’Ansano.

Va anche aggiunto, infine, che la traslazione e l’ampliamento dell’ente ospedaliero coincisero, certo non casualmente, con le tumultuose vicende istituzionali dell’ultimo quarto del XII secolo, che dopo varie sentenze papali videro la confraternita laica degli oblati di Santa Maria sostituire i canonici del Duomo nella gestione pratica della struttura assistenziale e nell’amministrazione del suo patrimonio.

Roberto Cresti e Maura Martellucci