Il Santa Maria della Scala e la lotta per le sepolture

La lotta per le sepolture che il Santa Maria della Scala affrontò tra il XIII e XIV secolo.

Tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 Girolamo Macchi, compilando i volumi di memorie contenenti la narrazione delle origini e della storia del Santa Maria della Scala, ricorda come già dal 1192 gli Statuti Vecchi della città di Siena parlassero della “piazza dello Spedale” in questi termini: “anticamente era cimitero e lo spedale ci possedeva delle sepolture“.
L’esistenza di un cimitero in quell’area che tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV diventerà la piazza del Duomo è attestata anche dall’Ordo Officiorum Ecclesiae Senensis, compilato nei primi decenni del XIII secolo dal canonico 7. Nel 1215 Oderico officiò una cerimonia durante la quale era prevista una processione che iniziava, uscendo dal duomo, con la benedizione del cimitero, delle botteghe antistanti e dell’ospedale.

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Le sepolture di pertinenza dell’istituto ospedaliero ricevettero una regolamentazione statutaria nel 1262 quando, in base a due rubriche del Costituto del Comune di Siena, venne disposta la costruzione di alcuni loculi e di una fossa comune. Il Santa Maria della Scala avrebbe dovuto edificare le tombe su un terreno da procurarsi tramite l’acquisto di una o più case che, probabilmente, vennero comperate tra gli edifici esistenti sul piano di Santa Maria.

Il Costituto decretava inoltre che “cum mortui hospitalis (…) non possent esse sine carnario”, il consiglio dei Savi si dovesse riunire per stabilire, su suggerimento dei maestri di pietra, il sito in cui fosse stato possibile costruire il cimitero a spese comuni, che doveva essere iniziato nel marzo successivo e terminare nel minor tempo possibile.
L’autorizzazione definitiva per erigere un cimitero per i rettori, frati ed infermi, però, giunse al Santa Maria solo il 2 ottobre 1305 grazie ad un privilegio rilasciato dal cardinale Napoleone Orsino, legato pontificio in Toscana.
Nel 1306 il governo dei Nove deliberò di far spianare e coprire con lastre di marmo le tumulazioni poste sullo spiazzo antistante il Duomo e l’ospedale.

Un segnale, questo, della trasformazione in atto del sito da spazio chiuso, quasi una corte interna utilizzata solo da chi si recava al Duomo e all’ospedale, a luogo di transito inserito nel contesto urbano.

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La fossa comune, denominata “carnaio”, richiesta con urgenza dal Costituto del 1262, venne impiantata alle spalle del palazzo del rettore e a ridosso della prima cinta muraria, in quanto i morti in grazia di Dio dovevano essere seppelliti “intra moenia”. Nel “carnaio”, forse già in uso nel 1257, precedentemente quindi alle disposizioni del Costituto, venivano gettati i cadaveri coprendo i corpi con strati di calce.
Nel 1313 l’ente acquisì dal Comune un secondo tratto di mura urbane, dato che il perimetro difensivo della città era stato ulteriormente avanzato verso valle, a partire dall’oratorio di San Sebastiano. L’ospedale si espanse verso Vallepiatta, area nella quale, a metà del secolo precedente, era stato impiantato il carnaio.
In seguito alla nuova acquisizione territoriale all’imbocco del vicolo di piazza della Selva è individuabile una struttura quadrata indicata nei documenti come “prigione dei frati” fino all’inizio del ‘300, poi segnalata come “cappella del cimitero” dal 1341, che potrebbe essere stata una torre connessa con il sistema difensivo urbano della seconda cerchia di mura.

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Per la decorazione della cappella in quest’anno ricevette un compenso Ambrogio Lorenzetti. L’ubicazione di questo ambiente, il primo locale che si apre sulla sinistra entrando nell’ospedale proprio da piazza della Selva, è confermata dall’esistenza di un ampio pozzo, ad esso contiguo, sulle cui pareti sono ancora visibili ossa alternate a colmate di calce. Nella stessa area, nel 1337, venne edificato il “pellegrinaio nuovo in Vallepiatta”, destinato ad accogliere i pellegrini di passaggio e non gli ammalati.

Questo ambiente doveva essere adiacente alla fossa comune, separato da essa da uno spesso muro e da una camera d’aria. Nonostante l’istituzione del carnaio interno, l’ospedale continuò ad utilizzare le sepolture poste sulla piazza del Duomo tanto che nel 1378, nacque una lite tra i canonici del Duomo ed il Santa Maria della Scala in quanto “il detto spedale ne fece di nuove (sepolture) e tante gli furon lassate”.

Tra i motivi di attrito c’era forse il “successo” che l’ospedale aveva riscosso facendo venire a Siena alcuni decenni prima le reliquie, fatto che, senza dubbio, aveva riportato in vita rancori di vecchia data, risalenti addirittura al secolo precedente, quando il Santa Maria si era affrancato dal Capitolo dei canonici.

A causa del diverbio, fu decretato che si facesse un “rigolo” di pietre in modo da dividere e definire quale porzione di suolo della piazza fosse di competenza di ciascuno dei due enti. Il “rigolo” di pietre bianche che divide in due la piazza del Duomo è ancora visibile.

A proposito: è improbabile che nei carnai dell’ospedale si seppellissero nelle varie fasi di pestilenza (soprattutto durante la Peste Nera del 1348) i cadaveri degli ammalati. Questi, più verosimilmente, venivano tumulati (ma anche curati, generalmente) in aree ben lontane dal centro cittadino per evitare il più possibile ogni rischio di diffusione del contagio.

Maura Martellucci
Roberto Cresti