Falloplastica: l’intervento che allunga il pene una nuova tendenza della chirurgia

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Le dimensioni del pene sono uno dei motivi di maggior imbarazzo tra gli uomini. Inutile affermare che le «dimensioni non contano». Contano, eccome, soprattutto per i maschietti per mostrare la loro virilità. Ecco perché, ad esempio, gli uomini provano più imbarazzo delle donne nello spogliarsi di fronte a persone dello stesso senso. Il confronto, infatti, in quei casi, è inevitabile. La paura di non avere un pene abbastanza lungo causa, poi disturbi psicologici nell’individuo che, molto spesso, si ritiene inadeguato.

Per curare i problemi delle dimensioni del pene esiste un trattamento chirurgico chiamato falloplastica. Questo consiste in un allungamento «visivo» del pene. Si recide infatti il legamento che connette il pene all’osso pubico, in modo tale che il pene appaia più lungo di quello che è in realtà. Questa operazione viene eseguita tramite laser. Il grado di allungamento ottenibile dipende in larga misura dalla consistenza di questo legamento. Il problema di questo tipo di intervento è che non è possibile conoscere la consistenza reale di ogni singolo legamento prima dell’operazione perché esso è situato in profondità e, dunque, non palpabile. In generale, l’aumento ottenibile con questa metodica può variare da 2 a 4 cm, visibili sia allo stato flaccido che in misura variamente inferiore in erezione. 

Attenzione, però: non tutti possono sottoporsi al trattamento. Per questo, anzitutto è necessaria una visita preliminare che attesti l’idoneità fisica del paziente. 

Esistono anche tecniche chirurgiche diverse, adottate, però, in altre situazioni. Ad esempio, per pazienti affetti da o che in passato hanno già subito un intervento di protesi peniena, è possibile intervenire mediante tecniche chirurgiche modificate di impianto di protesi peniena 

Stando agli ultimi dati a disposizione, risalenti a circa tre anni fa, le persone che si sottopongono a questo tipo di intervento sono per lo più under 45. È quanto emerso dal campione di 355 pazienti analizzati da Alessandro Littara, co-fondatore e responsabile del Centro di medicina sessuale di Milano, nel più ampio studio sul tema mai condotto nel mondo e durato 5 anni. Stando al campione preso in esame, l’età più rappresentata era quella tra i 35 e i 45 anni (40% dei pazienti), seguiti dai 25-35enni (30%) e dalla fascia che va dai 45 ai 55 anni (25%). Incuriosisce il dato sulla fascia che va dai 55 ai 70 anni con il 5% di pazienti operati. La maggior parte di chi si è sottoposto al trattamento aveva un rapporto stabile: il 67% era sposato o convivente da tempo, mentre solo il 33% era single. I diplomati erano il 50%, i laureati il 35%, mentre soltanto il 15% si era fermato alla scuola dell’obbligo.

Queste percentuali dimostrano come, questo tipo di operazione riguardi soprattutto gente giovane e con relazioni stabili, sintomo di come sia proprio il legame di coppia a mandare in crisi gli uomini. 

Come ha spiegato lo stesso Littara, «tutti quanti partivano da dimensioni ritenute nella norma:12-16 centimetri in erezione è il range considerato tale, almeno nell’etnia caucasica. Ma pur superando la ‘prova del righello’, tutti gli operati vivevano una forma di disagio rispetto alle proprie misure intime».

Questo porta ad un’inevitabile conclusione: nell’epoca dell’apparenza, molto spesso l’uomo finisce per sentirsi a disagio anche se non ne avrebbe motivo.