Le vertigini della Porta del Cielo

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foto di Velvet Photographer per Siena News

Le cose viste dall’alto hanno tutto un altro valore. Puoi vedere qual è loro reale dimensione, se c’è qualcosa all’interno, quali siano i rapporti “gerarchici” con elementi contigui. Sicuro che sopra ci sia solo il cielo o un tetto, puoi concentrarti su ciò che sta sotto o di fronte. Il problema spesso viene fuori quando dobbiamo guardare in basso. Lo sguardo si disorienta e un brivido ci irrigidisce. Forse questa possibilità di poter controllare tutto ci carica di un’autorità che sentiamo di non reggere. O viene fuori la paura del vuoto, del nulla, della semplice aria. Vertigine.

Chi soffre per questo può negarsi delle visioni di rara potenza. Se a Parigi non sali sulla Torre Eiffel non vedi le tracce del destino di una città che si è fatta spirito di una nazione. Così se a Siena non ti affacci dalla Torre del Mangia ti perdi la vista del guscio di tetti a mo’ di protezione dell’antico spirito civico. Non solo, nella nostra città abbiamo anche un altro motivo per cui salire in alto: la Porta del Cielo del Duomo di Siena. Da qualche anno, infatti, è possibile visitare il sottotetto, i ballatoi e alcuni passaggi esterni della Cattedrale. Un percorso da fare, anche a costo di dover lottare con la propria angoscia. Le vertigini sono tante, alcune che proprio ti bloccano le gambe. Sono, però, vertigini di bellezza, le uniche che possano sovrastare la paura dell’altezza.

Salendo le strette scale che partono dalla destra dell’ingresso del Duomo si arriva a un sottotetto da cui è possibile guardare negli occhi i santi protettori di Siena: Ansano, Savino, Crescenzio, Vittore, Caterina da Siena e Bernardino. Dorati come sono riflettono misteriosamente la poca luce della cupola. Tutt’altra scena si presenta alla nostra attenzione uscendo all’esterno: spunta alla nostra vista il Facciatone del Duomo nuovo. Incompiuto e maestoso, è come vedere la proiezione nel futuro delle proprie volontà e delle proprie ambizioni, che potrebbero distruggerci se non ragionevoli.

Uno dei momenti più emozionanti della visita è il passaggio sul ballatoio della Cupola. Giovani e meno giovani si aggrappano all’inferriata che impedisce di sporgersi troppo. C’è chi cammina raso raso al muro, con le gambe aperte e molleggiate, come se fosse un piccolo granchio. Tutti, paurosi o meno, a un certo punto si bloccano, immobili per 3 o 4 secondi. E’ l’attimo in cui vengono “catturati” dalla vetrata di Duccio di Buoninsegna (una copia, l’originale è al Museo dell’Opa) , con al centro la mandorla di Maria Assunta. Un caleidoscopio colorato immerso nella penombra, quasi fosse un messaggio divino di speranza nella salvezza umana. Ti verrebbe la voglia di raggiungerlo quel cerchio magico, messo da parte momentaneamente il timore di cadere giù.

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Colpisce l’animo anche il ritorno all’esterno, dove si presenta agli occhi la semplice severità di San Domenico. Su un colle alla sinistra della Cattedrale sorge infatti la basilica dove è conservata la testa-reliquia di Santa Caterina, come se la Benincasa, protettrice della città, dovesse controllare da vicino il luogo di culto più importante di Siena. Da qui si rientra per il ballatoio della controfacciata. Abbassando lo sguardo è possibile notare la complessità del pavimento intarsiato. Vedendo la gente che si sofferma e che prova a “leggere” le diverse raffigurazioni si capisce l’intento educativo delle diverse scene rappresentate. E fa molto strano notare queste cose quando ti vedi sullo stesso piano di statue di papi e imperatori. C’è il rischio di credersi controllori e padroni di chi sta sotto.

Non resta, a questo punto, che scendere a terra, traballanti per le vertigini di bellezza, fieri di essere saliti così in alto e timorosi di averne goduto i privilegi.

Emilio Mariotti