Suvignano: la mobilitazione è servita

Ha vinto la comunità del territorio. O per lo meno la comunità che domenica mattina si è mobilitata per recarsi a Suvignano. Lo ha fatto sotto il sole di una mattinata di fine estate, percorrendo un paio di chilometri a piedi per arrivare nella tenuta tanto dibattuta nelle ultime settimane. Una comunità composta da amministratori pubblici e tanti semplici cittadini, da uomini e donne, da giovani e anziani. Tutti uniti dalla volontà di dare una risposta e porsi al fianco di chi lotta e rischia la vita per combattere la criminalità organizzata. “Qui la comunità è sempre molto attenta alle tematiche della legalità”, ha detto nell’occasione Franco La Torre. Lo ha detto a ragion veduta. Lo ha detto un uomo la cui esistenza è stata irrevocabilmente segnata dalla mafia che nel 1982 uccise suo padre perché lui, l’onorevole Pio La Torre, si stava battendo per dar vita ad una legge sull’associazione mafiosa e per confiscare i patrimoni delle organizzazioni mafiose.
Con la mobilitazione si può ottenere qualcosa, allora come oggi. Suvignano rappresenta un simbolo della lotta alla mafia, questa tenuta va inquadrata nel più ampio contesto e scenario di giustizia e di educazione alla legalità. Domenica mattina tanti sindaci del territorio si sono posizionati in prima fila, uno accanto all’altro, con le fasce tricolori bene in vista. Una presenza importante e simbolica, la loro. I primi cittadini si oppongono alla presenza della mafia in questo territorio, una mafia che, come ha ricordato Franco La Torre in un’intervista al Corriere di Siena, ormai è una holding internazionale pronta ad investire un po’ ovunque i propri capitali ottenuti da operazioni sporche ed illecite. Un mafioso si era acquistato la tenuta di Suvignano e lo Stato si era ripreso la bellissima e grande azienda agricola situata nel comune di Monteroni d’Arbia. Ma la vendita all’asta era un salto nel buio.

“Lo Stato non deve ricavare profitto dai beni confiscati alla mafia”, ha detto il sindaco di Monteroni d’Arbia Jacopo Armini. In prima fila tutti i sindaci annuivano a questa affermazione. Chi avrebbe investito 22 milioni di euro per acquistare la tenuta? C’era il rischio che la tenuta potesse finire, o tornare, nelle mani sbagliate. Va considerato che gli enti locali già da tempo stavano preparando un progetto alternativo. Chiedevano soltanto tempo per poterlo mettere in campo. Molti hanno sottolineato le lungaggini burocratiche dell’assegnazione definitiva dei beni confiscati. Ma il progetto c’era. E adesso potrà prendere vita e realizzarsi. La mobilitazione, quindi, ha dato i suoi frutti. “Siamo qui oggi per riprenderci Suvignano”, ha detto e ripetuto tra tanti applausi Armini. Ce l’ha fatta. Tutta la comunità presente domenica mattina ce l’ha fatta. Ma adesso si guarda al futuro: il progetto deve funzionare.
Può naturalmente, questa è la speranza, portare anche alla nascita di nuovi posti di lavoro. L’azienda è sana e produce tanti generi alimentari. “Suvignano può stare sul mercato”, ha detto convintamente Franco La Torre. Adesso non c’è che da dimostrarlo.

Gennaro Groppa