Santa Caterina. Offerta dell’Olio Votivo: il discorso del primo cittadino

Care cittadini, è con grande gioia che mi appresto a vivere, per la prima volta da Sindaco di Siena, le Feste nazionali dedicate a Santa Caterina.

 

L’offerta dell’olio votivo, simbolo dell’amore che alimenta il fuoco della fede è un rito che si compie ogni anno, rinnovato con devozione e passione civile da tutta la nostra comunità. Vorrei ringraziare in modo particolare il Comune di Castelnuovo Berardenga, il sindaco Roberto Bozzi e tutta la comunità castelnuovina che egli rappresenta, che quest’anno offre l’olio per la lampada votiva che brilla giorno e notte nel santuario di Santa Caterina.

 

Oggi è un’occasione importante per riflettere sul significato che la vita e le opere di Caterina assumono a distanza di quasi sette secoli dalla sua nascita.

 

Caterina, santa, patrona d’Italia e d’Europa, dottore della Chiesa è ancora oggi, al contempo, simbolo di una spiritualità che travalica i confini del tempo e dello spazio ed espressione di quella natura così profondamente senese da incarnare le aspirazioni e l’ideale civico del suo tempo. Un tempo caratterizzato da grandi lotte e infinite contrapposizioni che Caterina seppe attraversare con la forza e la passione di una donna guidata e ispirata dalla voce dell’amore e della carità.

 

“Ha qualcosa di incredibile la vita di questa donna, morta a soli 33 anni. Intorno a lei avveniva quello che sembrava umanamente impossibile: si scioglieva la durezza dei cuori e ciascuno ricominciava a gustare la gioia di famiglie o di intere comunità ricomposte nella pace”. Sono parole di Giovanni Paolo II, pronunciate durante l’Angelus del 12 febbraio 1995, per ricordare quella donna che, il Beato Woityla defìni, nella sua omelia in Piazza del Campo, il 14 settembre 1980: “Una grande opera di Dio”.

 

La grandezza della giovane di Fontebranda sta nella semplicità e nella tenacia del suo coraggio. Caterina si rivolge ai potenti senza remore, non esita ad affrontarne l’ira, non risparmia parole sferzanti. Ma riesce a trovare una luce da seguire per indicare alla gente del suo tempo una strada migliore. Cercava un cambiamento vero, che fosse alla base di una società più equilibrata, più giusta, nuova e solidale.

 

“Voi li batterete più col bastone della benignità, dell’amore e della pace – disse intervenendo in una contesa fra il papa e Firenze – che col bastone della guerra. Non guardate all’ignoranza, alla cecità e alla superbia dei figli vostri ”.

 

 

La fede, il pensiero, la forza di espressione di Caterina, il linguaggio così sintetico e incisivo che caratterizza le sue opere sono arrivate fino ai nostri giorni rivelandoci una donna e una santa la cui forza è ancora oggi viva e profonda. Caterina, infatti, fu anche questo: una donna dalla forza straordinaria che seppe esprimere tutta la sua femminilità nella battaglie, nei suoi gesti di amore e nelle riflessioni sul destino e sul futuro della Chiesa.

 

Una figura di donna che, oltre la storia, continua a vivere ed a pungolare la coscienza cristiana mantenendo inalterata la sua modernità e la sua attualità. Caterina continua a trasmetterci, ancora oggi, dunque, un messaggio semplice e grandioso al contempo: l’amore rende possibile tutte le cose. La sua vita ne è una dimostrazione, perché solo una forza come quella della carità può rendere possibile ad una giovane, di origini tutto sommato modeste, di raggiungere vette spirituali ineguagliate.

 

Caterina fu considerata maestra da un gran numero di discepoli tra cui si trovavano teologi, docenti, nobili. Fu ascoltata e ricevuta da Papi, cardinali, sovrani, capi di stato, che incontrò in giro per l’Europa. E’ questa l’eredità che oggi, come senesi, portiamo nel profondo nel nostro cuore. Un’eredità che è preziosa perché dialoga con ognuno di noi, con il nostro tempo e con i nostri problemi quotidiani. E forse è questo l’aspetto più bello del mistero di Caterina, quello della sua attualità.

 

Caterina vive ancora nella memoria del popolo, oltre che nella venerazione della Chiesa. Essa vive anche nell’identità e nella coscienza dell’Italia, quella patria che lei amò con passione e di cui è patrona insieme a San Francesco d’Assisi.

 

Quest’anno, il Palio di Provenzano sarà dedicato proprio al santo umbro e mi piace immaginare di unire simbolicamente i due santi patroni d’Italia come segno di tolleranza, solidarietà e carità per il nostro Paese, che così tanto ha bisogno unità nella fratellanza per contribuire a costruire un mondo più giusto e più libero.

 

Nel nostro lavoro quotidiano del resto, l’impegno è quello di garantire che anche la nostra città sia luogo dove, anche nel solco degli insegnamenti di Caterina, si coltivi il bene comune, piuttosto che l’interesse particolare. Su questo punto resta, come una pietra miliare, la riflessione della Santa senese sul potere. La celebre lezione sul “potere prestato”, che ci educa sulla necessità di restituire alla collettività quanto essa ci ha consegnato pro tempore.

 

“E male possederà la cosa prestata – scrive Caterina nella lettera ai signori difensori della città di Siena – se prima non governa e signoreggia sé medesimo. Signoria prestata sono le signorie delle città o altre signorie temporali… le quali sono prestate a tempo, secondo che piace alla divina bontà, e secondo i modi e i costumi dei paesi”.

 

In questa come in altre lettere Caterina illustra quelle che dovrebbero essere le qualità del buon governatore che: “fa giustizia condita con misericordia”, è “imparziale e fermo nel suo governo premiando i buoni e punendo gli iniqui”, sceglie come collaboratori “uomini savi, maturi, discreti e di buona coscienza”, “virtuosi, saggi e prudenti i quali con intelligenza diano alla città quell’ordine che è necessario a mantenerla in pace all’interno e a rafforzarla in pace all’esterno con gli altri stati”.

 

In queste parole emergono analogie con la contemporaneità e con problemi del nostro tempo. L’estrema determinazione e la forza con cui Caterina cercò la giustizia sociale ed un migliore assetto politico sono gli elementi essenziali, ieri come oggi, di chi vuole contribuire in maniera concreta a qualsiasi cambiamento. Il suo fu un richiamo potente alla concordia, al rispetto, alla pace intesa come strumento di progresso.

 

Quello della pace, del resto, è un tema che nel Trecento fu sempre legato al bene comune “migliore e più divino del bene dei singoli”.

 

Ho iniziato questo mio intervento, che mi avvio a concludere, citando il Beato Giovanni Paolo II. Il Papa polacco non fu il solo, tra chi salì al soglio pontificio, a spendere parole di venerazione per la Santa senese.

 

Lo stesso Benedetto XVI parla di Santa Caterina come di una santa che seppe “amare con coraggio in modo intenso e sincero”, mentre, tornando indietro, nei secoli, esattamente 550 anni fa, fu il senese Enea Silvio Piccolomini, salito al soglio pontificio con il nome di Pio II, a decidere di canonizzare Caterina Benincasa.

 

La sua storia terrena e quella che ha percorso i secoli, come detto, ci offre tanti spunti anche oggi. Riflessioni che si intrecciano anche con grandi pensatori del nostro tempo. Norberto Bobbio, in un’intervista di qualche anno disse: “”Diritti dell’uomo, democrazia, pace sono tre momenti necessari dello stesso movimento storico: senza diritti dell’uomo riconosciuti ed effettivamente protetti non c’è democrazia; senza democrazia non ci sono le condizioni minime per la soluzione pacifica dei conflitti che sorgono tra individui, tra gruppi, e tra quei grandi gruppi che sono gli Stati tradizionalmente indocili e tendenzialmente autocritici rispetto agli altri Stati, anche quando sono democratici al proprio interno”. Nelle parole del grande filosofo torinese risuonano quelle accorate di Caterina, figlia di un tempo scandito da discordie e divisioni.

 

Se Caterina vivesse oggi, le sue preoccupazioni non sarebbero minori ed il suo grido meno forte nel chiedere giustizia sociale, amore per il prossimo, tolleranza, solidarietà e pace. Sarebbe chiamata ancora a farsi carico dei bisogni degli altri e ad andare loro incontro con spirito di misericordia. Caterina Benincasa amò la sua città ed il suo popolo, che sognò unito e cercò di far diventare nazione. Un sogno che si sarebbe realizzato solo molti secoli più tardi, in un tempo molto più vicino a noi che a lei. Fu questo amore a spingerla ad intervenire, con una forza quasi incredibile per una giovane popolana, nei confronti dei governi di molte città, per chiedere una corretta e giusta regola nell’amministrare la cosa pubblica.

 

Oggi, in un mondo ancora piagato da molti conflitti e che spesso vede venir meno il senso di responsabilità dei governanti, raccogliamo come un segno di speranza e di fiducia l’insegnamento di Caterina.

 

Una donna che seppe parlare, e che ancora parla, con grande ispirazione ai cuori di tutti gli uomini, dei credenti e di chi non può contare sul conforto della fede. Per questo auguro a tutti voi di vivere con intensità e gioia questi giorni di Festa in onore della Santa senese.